«Vivo grazie ad Alfredino Rampi»: la storia di Alfredo Cirillo di Angri

La storia di Alfredo Cirillo: i genitori volevano abortire, ma la tragedia di Vermicino suscitò in loro un nuovo e rinnovato sì alla vita
La foto di Alfredino Rampi sulla tomba al cimitero del Verano a Roma – foto Cirillo

«Grazie ad Alfredino Rampi sono stato concepito una seconda volta». A pronunciare queste parole è un altro Alfredino che di cognome fa Cirillo.

È nato ad Angri il 18 dicembre del 1981. La sua storia è legata a quella di Alfredino Rampi, che non sopravvisse alla caduta in un pozzo artesiano.

La tragedia tenne con il fiato sospeso tutta Italia nei giorni tra il 10 e il 13 giugno 1981. Ebbe un enorme impatto anche su Giuseppe e Nunziata Cirillo di Angri.

In quei giorni la giovane coppia alle prese con problemi economici – il terremoto del 1980 aveva anche reso pericolante la loro casa, erano ospiti di alcuni familiari – e con già tre figli maschi, si ritrovò a dover gestire una quarta gravidanza.

Erano credenti, ma lontani da una vita di fede praticante. Nella loro testa balenò l’ipotesi di non riuscire a crescere un quarto figlio e, dunque, pensarono di interrompere la gravidanza.

Il 14 giugno 1981, il giorno dopo la morte di Alfredino Rampi, avevano appuntamento all’ospedale di Cava de’ Tirreni per avviare l’iter per l’aborto. Quella mattina però i due sposi, stretti nelle loro difficoltà ma edificati dal loro amore, decisero restare a casa.

La tragedia di Vermicino li aveva segnati e spinti a fare altre scelte. Alfredino salvò la vita ad Alfredo, che sarebbe nato da lì a sei mesi.

«Mio padre, con le lacrime agli occhi, mi ha sempre raccontato di aver detto a mia madre: “Hanno fatto tanto per salvare la vita di un bambino e noi vogliamo ammazzarne uno? Vorrà dire che dove mangiano in tre, mangeranno anche in quattro”. Ed è così che sono qui», racconta Cirillo.

Per rimarcare quel legame, la famiglia volle chiamarlo Alfredo: «In famiglia non c’era nessuno che si chiamasse così».

La visita alla tomba di Rampi

Alfredo Cirillo davanti alla tomba di Alfredino Rampi

Nelle scorse settimane la Rai ha dedicato una fiction a quella tragedia e il ricordo si è ripresentato nel cuore.

Ha chiesto a suo fratello Alessandro, don Alessandro Cirillo, di accompagnarlo a Roma.

«Ogni volta che se ne parlava in famiglia gli promettevo di fargli compagnia, finalmente ci siamo riusciti lo scorso 17 giugno, dopo 43 anni», spiega il sacerdote. Hanno pregato sulla tomba dove riposa Rampi, all’interno del cimitero del Verano.

Nel messaggio lasciato sul quadernino vicino alla lapide, Alfredo ha scritto: «Vivo grazie al tuo sacrificio. Te ne sono grato per sempre. Un bacio, grande amico mio».

Il “miracolo” della vita che lega i due Alfredo, uno in terra e un altro in cielo. «Oggi mio fratello è sposato, ha due figli, un bel lavoro. Se non fosse stato per Alfredino non sarebbe qui», rimarca don Alessandro.

Una storia che rilancia l’importanza del sostegno alla vita nascente: «I dati italiani sono devastanti. Si parla di denatalità e poi non si aiutano le donne, lasciandole da sole dinanzi a scelte che stravolgono la vita», l’analisi del sacerdote.

Salvatore D’Angelo

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