Classe 1952, terzo di sei figli, marito di Genoveffa, papà di Pasquale e Francesco, nonno di Ylenia Maria, Anna e Chiara. Ma anche ministro straordinario della Comunione e referente parrocchiale di Insieme. Luigi Somma è questo e molto altro ancora. È l’esempio di una quotidianità attiva e operosa, vissuta con gioia nonostante i malanni fisici e la stanchezza dovuta all’età.
Come Luigi, sono tanti i nonni e le persone anziane che, nel silenzio e nel nascondimento, offrono il loro contributo per la vita e la crescita delle nostre comunità. Ha scritto bene papa Francesco nel messaggio per la IV Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, che ricorre il 28 luglio prossimo: «Dio non scarta alcuna pietra, anzi, le più “vecchie” sono la base sicura sulla quale le pietre “nuove” possono appoggiarsi per costruire tutte insieme l’edificio spirituale (cfr 1 Pt 2,5)».
Figlio di Pasquale e Rita, Luigi ricorda che da bambino ogni domenica andava a Messa con i suoi fratelli nella Collegiata di San Giovanni Battista in Angri. A guidare la truppa la primogenita Anna, a cui Luigi era affezionatissimo. Tornati a casa, la mamma, per essere sicura che fossero andati a Messa, li interrogava per sapere chi avesse celebrato l’Eucaristia e quale Vangelo fosse stato proclamato.
Da adolescente Luigi si allontana un po’ dalla Chiesa. «Mi riavvicinai – racconta – quando Anna cominciò a stare male a seguito di un incidente stradale. Nel frattempo, lei era diventata ministra straordinaria della Comunione. Sentivo il desiderio di aiutarla, allora iniziai ad accompagnarla la domenica nelle visite agli ammalati».
Dopo il diploma di ragioneria, a 21 anni comincia a lavorare come contabile in un’azienda del comparto ortofrutticolo. «In famiglia ce n’era bisogno – racconta – e io ero orgoglioso di poter dare il mio contributo». Non poche le difficoltà lavorative incontrate nel corso degli anni, sempre affrontate con animo disponibile e aperto alla volontà di Dio. Comincia a frequentare il Cammino Neocatecumenale dopo aver preso parte alle catechesi introduttive che si tenevano in parrocchia, durante le quali lo avevano colpito alcuni interventi di mons. Alfonso Raiola, parroco della Collegiata fino al 2006, di cui conserva ricordi indelebili: «Una sua catechesi sul peccato ha lasciato un solco nella mia vita» rivela.
Risale ad una domenica mattina l’episodio che accende in Luigi il desiderio di servire Dio e la comunità. Ad una Celebrazione Eucaristica particolarmente affollata non c’è nessuno che possa aiutare il parroco nella distribuzione dell’Eucaristia. Ci sarebbe Anna, sorella maggiore di Luigi, ma non se la sente: la malattia le ha fatto già qualche brutto scherzo. E così don Alfonso è costretto a fare da solo: «Mi rimase impressa la sofferenza di Anna – ricorda Luigi -, il suo voler fare e il non poterlo fare, e la persona anziana che chiedeva aiuto senza trovarlo». Dalla domenica successiva Luigi, sollecitato anche dal parroco, inizia a prestare servizio durante le liturgie in Collegiata: don Alfonso gli impartisce sempre la benedizione ad acta per distribuire la Comunione, fino a quando poi diventa ministro straordinario.
Nel 1974 conosce Genoveffa, che per lui diventerà poi “Genny”. Sette anni più tardi si sposano. «Ci siamo conosciuti per strada – racconta – e ci siamo notati subito». Un amore a prima vista. Il loro è un matrimonio solido, concreto, fondato sulla certezza di esserci sempre l’uno per l’altro.
Da ormai 13 anni è referente di Insieme per la sua parrocchia. Un ruolo ricoperto in precedenza da suo figlio Francesco ed “ereditato” quando questi non riusciva più ad occuparsene. Un compito che svolge con la stessa passione e lo stesso entusiasmo del primo giorno, nonostante la delusione e lo scoraggiamento che a volte sopraggiungono: «Mi sembra che le persone si siano scocciate di leggere. Qualcuno me lo dice anche. Ma c’è chi ancora ci tiene. Per me, Insieme è un appuntamento fisso, lo leggo un po’ alla volta durante il mese e lo trovo sempre più bello».
Anche nel servire gli infermi Luigi nota qualche cambiamento rispetto al passato: «Prima, quando portavo l’Eucaristia a casa degli ammalati, trovavo già preparata una piccola mensa per accogliere Gesù. Oggi, invece, quasi ovunque mi sembra che si aspetti una persona qualsiasi. Anche dove non me l’aspetterei trovo un po’ di lassismo. Mi sforzo di far comprendere agli ammalati e ai loro familiari che non è così: quando entra Gesù in casa, bisogna fermare tutto, sta entrando il Maestro». Parole pronunciate da chi ci crede, parole cariche di fede. Perché quella che manca oggi, secondo Luigi (e non solo), è proprio la trasmissione della fede, anche da parte dei nonni e degli anziani: «I nonni di oggi sono molto diversi dai nonni di una volta. È come se oggi si voglia essere più permissivi, si voglia dare un incremento di libertà. Sinceramente oggi vedo anche un minor attaccamento verso i nipoti, quasi come se l’unica cosa importante da fare sia accontentarli ad ogni costo. Forse occorrerebbe un maggior impegno nei loro riguardi».
A 72 anni Luigi sogna ancora e progetta per il futuro: in parrocchia vorrebbe dare nuovo slancio al servizio prestato agli ammalati e agli anziani, magari coinvolgendo qualche giovane, non soltanto nel portare loro l’Eucaristia, ma anche semplicemente riattivando una rete di visite e contatti. Perché in fondo egli sa che, come ha scritto papa Francesco nel messaggio sopracitato, «Dio non abbandona i suoi figli, mai. Nemmeno quando l’età avanza e le forze declinano, quando i capelli imbiancano e il ruolo sociale viene meno, quando la vita diventa meno produttiva e rischia di sembrare inutile».
Antonio Pontecorvo