Pier Paolo Pasolini: 60 anni del “Vangelo secondo Matteo”

Il capolavoro di Pasolini non cessa di avere il suo fascino a 60 anni dall’uscita nelle sale cinematografiche
Pier Poalo Pasolini durante le riprese del film

A 60 anni dall’uscita nelle sale cinematografiche, il Vangelo secondo Matteo di Pasolini non cessa di avere il suo fascino.

Il film è composto di grandi inquadrature, come quelle di Enrique Irazoqui, scelto dal regista per interpretare il Cristo, oppure il volto statuario, colmo di dolore, di sua madre Susanna Colussi che Pier Paolo volle nella parte di Maria di Nazaret ai piedi della croce.

Poi la città di Matera coi suoi sassi, la Gerusalemme ritrovata dal regista, le campagne di Barile (PZ) che diventano la nuova Betlemme, i luoghi, i paesaggi dell’Italia Meridionale che negli anni Cinquanta e Sessanta erano considerati il simbolo di un ambiente emarginato e che assumono un forte valore religioso e di riscatto.

L’opera nasce ad Assisi il 2 ottobre 1962, in seguito ad un invito che don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana, aveva rivolto al Nostro per un dibattito sulla fede. Quel giorno, era pellegrino ad Assisi papa Giovanni XXIII, alla vigilia del Concilio.

Pasolini preferì rientrare nella sua piccola stanza presso la Pro Civitate e si sdraiò sul letto per riposare. «D’istinto allungai la mano sul comodino – come lui stesso ebbe a dire -, presi il libro dei Vangeli che c’era nella camera e cominciai a leggerlo dall’inizio, cioè dal primo dei quattro evangeli, quello secondo Matteo.

L’idea di un film sui Vangeli mi era venuta anche altre volte, ma quel film nacque lì, quel giorno, in quelle ore. L’unico al quale potevo dedicare quel film non poteva che essere lui, papa Giovanni… Da voi quel giorno l’ho letto tutto di seguito, come un romanzo. E nella esaltazione della lettura mi è venuta, tra l’altro, l’idea di farne un film. Un’idea che da principio mi era sembrata utopistica e sterile. E invece no…».

Pasolini tornò alla Cittadella altre volte. Convinto della sua scelta, si confidò con don Giovanni Rossi che lo accompagnò in questa fatica. Il film è pieno di riferimenti illustri, da quelli pittorici ispirati a Piero della Francesca a quelli musicali tratti dalla Passione secondo Matteo di Bach, specie nella scena della morte di Cristo.

Ma è lo studio dei volti – che sono quelli degli amici intellettuali più cari di Pasolini – che ammalia: quello di Enzo Siciliano, il giovane Giorgio Agamber e sua madre, come abbiamo già detto, poi Natalia Ginsburg nel ruolo di Maria di Betania, anche Elsa Morante figura tra le pie donne. Un mondo di affetti che il Nostro mette nel suo film.

Pasolini con la mamma Susanna Colussi

Il 6 novembre 1975 furono celebrate le esequie di Pasolini, morto tragicamente. A parlare, rivolgendosi alla madre, in quell’occasione fu Davide Maria Turoldo, sacerdote, poeta, amico e Servo di Maria che fra i tanti meravigliosi e toccanti pensieri disse: «In fondo il tuo Pier Paolo, mamma, ha sempre vissuto con la morte dentro, se l’è portata in giro per il mondo stretta a lui come suo fardello di emigrante, come suo carico fatale. E ora l’ha raggiunta, è bene che ritorni anche lui a casa. Meglio che il silenzio scenda su quella notte. La sua è stata una vita rovinata da troppa umanità».

Con questi struggenti pensieri vogliamo invitare alla visione della pellicola con gli occhi di un uomo che ha sempre certato la fede e che, forse, l’ha trovata proprio attraverso la lettura, casuale ma provvidenziale, del Vangelo secondo Matteo. Ad Assisi.

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