Passi e ripassi, per una verifica. La riflessione del vescovo Giuseppe

Giunge all’ultimo appuntamento la rubrica del vescovo Giuseppe che ha offerto spunti e riflessioni per vivere il Cammino sinodale. L’invito per i lettori è di continuare a camminare, attingendo forza dallo sguardo dei piccoli, degli ammalati e degli anziani
L’incontro del 6 novembre con i referenti diocesani e parrocchiali del Cammino sinodale

Il Cammino sinodale, suscitato dallo Spirito Santo, ci interroga: stiamo camminando, progredendo o regredendo, e che dice il contapassi?

Gettiamo uno sguardo sereno su questo nostro tempo, non inficiato da pregiudizi e resistenze. Uno sguardo lucido per vedere non solo quello che ci piace vedere, o ci fanno vedere; ma per vedere oltre e di più, in altezza, in larghezza, e in profondità (cfr Ef 3,14-19); oltre le cortecce e le copertine, e sbirciando negli anfratti, dove si accumula la polvere, e dove non sempre si guarda, o si ha voglia di guardare.

Si direbbe, in questo nostro tempo, uno sguardo a 360°, a tutto tondo, in modo poliedrico e sinfonico; detto tra noi è sguardo evangelico, reso trasparente e vero dalle lacrime e dalla fatica della vita.

Passi e ripassi, e soste, devono essere considerati in questo nostro tempo, senza fretta e ingordigia, ma con calma e cuore pacificato di chi non solo guarda ma vede e, vedendo, agisce, fa e cammina nell’amore.

Ad uno sguardo superficiale e telecomandato, da chi ha già seppellito la speranza e non conosce la storia, ci sembra che il cammino umano si sia bloccato, o abbia invertito la rotta; mentre la dittatura del politicamente corretto riempie le borse delle lobby di falsi ambientalisti ed animalisti, di chi ha smarrito la genuina gerarchia dei valori e, senza aver letto neanche una riga del magistero ecologico integrale di Francesco, lavora a discapito degli artigiani della culla e dell’umano.

E, in modo del tutto errato e non teologicamente corretto, si invoca il patrocinio del poverello di Assisi.

Qualche spunto di riflessione

Che confusione, sarà perché ti amo! cantavano, con un testo oggi molto attuale, i Ricchi e Poveri.

Offro qualche esempio per aiutare a riflettere, a pensare, per non dimetterci dal pensiero intelligente che ha capacità introspettive. Più inauguriamo panchine rosse, e più si uccidono le donne con scarpe intrise di sangue.

Più si invoca, belando, la pace con marce e palloncini, e più si allarga la guerra nelle geografie del mondo povero, alimentata dal mondo ricco, in barba ad ogni diplomazia o trattato.

Più parliamo di Cammino sinodale e più si intraprendono sentieri solitari e individuali, con apostasie e scismi, senza autentico timbro ecclesiale.

Più giustamente diciamo no all’autonomia differenziata, e di più viene puntualmente smentita nelle nostre realtà. Più si invocano cultura e formazione, e più si allarga la forbice dell’ignoranza a tutti i livelli.

Più stampiamo patinati libretti di preghiere, e meno si prega.

Più si disciplina o si favorisce la movida, e più diventa ingestibile e violenta.

Più si promuove il garante della vita privata e più impazza e dilaga il pettegolezzo morboso, virtuale e reale.

Più organizziamo manifestazioni pseudo-religiose e più le nostre chiese si svuotano, lasciando solo la lampada eucaristica accanto a Gesù.

Più diciamo di camminare e più rimaniamo fermi, o illudendoci di procedere, mentre la cera si consuma.

E potremmo continuare, sapendo che è quello che vediamo o che ci fanno vedere, gettando quotidianamente ombre di paure e inquietudini tra la popolazione, soffocando la speranza, e imprigionando la fiducia, specialmente dei giovani.

E il ritornello continua: Che confusione, sarà perché ti amo!

Ed è una convinzione, spero di tanti, che cresce piano piano; calpestando il vero umanesimo e dando spazio a teorie perniciose, che pagheremo o stiamo già pagando.

Un altro sguardo

Ma noi, minoranza radicata nella Sacra Scrittura e nella fede autentica della Madre Chiesa – Mater et Magistra – scegliamo un altro sguardo, un altro punto di vista, un altro metro di giudizio; uno sguardo profetico e speranzoso che, mentre non ci omologa e ci esclude da certe piazze mediatiche, ci fa intingere la penna nell’inchiostro del Vangelo per scrivere ancora parole di speranza, storie inzuppate di vino buono che alimenta la festa della vita.

Per contrastare questa deriva negativa che ammorba l’aria e potrebbe contagiarci, se non l’ha già fatto, facciamo l’elenco di tutto il bello e il positivo, dei segni di speranza, dei germogli, dei sorrisi, delle riprese, delle nascite, dei piccoli gesti buoni e autentici che affollano la nostra vita, e dei quali sembra che dobbiamo vergognarci perché poco quotati in borsa; insistiamo sulla costruzione del bene comune, il noi che cozza con l’io sempre ingombrante; gesti, tanti nascosti ed umili, che è corretto vedere perché fanno la storia vera di un popolo che loda il Signore nella trama laboriosa dei giorni, e che non trovano spazio nella comunicazione di massa.

Sì, continuiamo a camminare, passo dopo passo, attingendo forza dallo sguardo dei piccoli, dei malati e degli anziani, e presentiamoci allo sportello della gratitudine, quasi sempre libero, per sfoltire la lunga coda a quello delle lamentele.

Non è forse il tempo di un nuovo inizio, cioè di un cammino nuovo su quell’unica Via che ha il nome di Cristo, e che sempre ci invita a scendere prima dentro di noi, per non perderci nelle strade della missione?

Ecco da dove riprendiamo; continuando i nostri Passi sinodali e scoprendo storie di speranza, che altri nascondono o non vogliono vedere, o sottovalutano, per rubarci la gioia e alla gioia e per tenerci legati a ciò che non serve e subito passa.

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