Percorrendo via Tasso e via Angiolieri a Casal di Principe viene da chiedersi come sia stato possibile che dei feroci camorristi potessero vivere, e prosperare, gestendo i propri traffici da un villone ubicato al culmine di un vicolo.
Villa Scarface di Walter Schiavone oggi è ancora lì, ma ha un altro nome. L’hanno ribattezzata Villa Liberazione, dopo che è stata sequestrata, confiscata e trasformata in un centro di riabilitazione per la salute mentale gestito dall’Asl.
L’ho visitata qualche giorno fa, recandomi alla Summer School UCSI ospitata proprio in quell’edificio. Un complesso caratteristico per le scalinate avvolgenti che dal salone centrale portavano alla zona notte. La villa fu edificata a immagine e somiglianza di quella di Tony Montana, criminale protagonista del film Scarface.
Ma anche per la piscina esterna e l’enorme vasca da bagno immortalata in Gomorra di Matteo Garrone.
Dalla sola camera da letto di 150 metri quadrati sono state ricavate cinque ambulatori. Tremila quattrocento metri quadri complessivi, totalmente abusivi, che la società Agrorinasce ha dovuto sanare, riqualificare – dopo la confisca era stata vandalizzata e incendiata – e adeguare per la pubblica utilità.
Davanti a tutta questa ostentazione e abuso mi sono chiesto come fosse stato possibile che nessuno avesse mai notato, visto, sentito o segnalato qualcosa? Collusione, contiguità, codardia? Senza un presidio costante dello Stato, che ora c’è, la piovra ha arraffato quanto ha potuto e i pochissimi coraggiosi si sono sentiti soli o sono stati abbandonati.
La testimonianza di don Peppe Diana ne è l’emblema. Ucciso il giorno del suo onomastico nella chiesa di San Nicola di Bari, reo di aver cercato di contrastare il clan dei casalesi. La lettera Per Amore del mio Popolo, non Tacerò fu la sua condanna a morte. La notte di Natale del 1991 arrivò nelle case di tutta Casal di Principe.
La situazione sul nostro territorio
Immediatamente è scattato in me il paragone con il territorio diocesano, che messo a confronto potrebbe sembrare un Eden. Sappiamo bene, però, che non è stato e non è affatto così.
La microcriminalità e la malavita storica, con i traffici di droga e le estorsioni, sanno come far sentire il loro alito cattivo sul collo di amministrazioni, imprenditori, cittadini.
Tuttavia, dalla nostra parte c’è un tessuto sociale più maturo e propositivo, più forte e consapevole delle potenzialità che può esprimere. Senza troppe lodi e senza abbassare la guardia, deve cercare di essere più coeso perché non si torni indietro, perché prosegua nel riscatto di una terra fantastica.
Un invito, con le parole di don Peppe Diana, anche «alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili».
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