A due anni e mezzo dall’invasione della Russia in Ucraina, il legame tra Nocera Superiore e Ternopil è sempre più forte. Frutto della prima accoglienza di donne e bambini, oggi è un asse solidale in piena regola. Tutto ruota intorno alla parrocchia San Michele Arcangelo e alla Casa della Misericordia.
Un dialogo continuo tra la comunità guidata da don Giuseppe Perano e la struttura di accoglienza per bambini con disabilità nella regione sud-occidentale dell’Ucraina, fra Leopoli e la Moldavia, fondata da Tania Dubyna.
Un’oasi che ora accoglie anche feriti, profughi, orfani e vedove di guerra, e anziani soli. Una delegazione del centro di accoglienza ucraino nei giorni scorsi è stata nell’Agro nocerino sarnese. A guidarla era monsignor Dmytro Hryhoruk, arcivescovo di Buchach, diocesi della Chiesa greco-cattolica ucraina sul cui territorio si è sviluppata la Casa della Misericordia.
Tania ha raccontato che la Casa è nata nel 2013: «All’inizio era un ritrovarsi tra genitori con figli affetti da disabilità come l’autismo e la paralisi cerebrale. Poi ci siamo dati una struttura ufficiale grazie al sostegno della diocesi». Tania si è rimboccata le maniche quando a suo figlio è stata riscontrata una disabilità: «Ho cercato un centro di riabilitazione in Ucraina ed ho scoperto che non c’era nulla e quel poco di attivo non era all’altezza». Da madre ha avuto paura: «Ero disperata. Poi ho incontrato il Vescovo, a cui ho detto due cose: o torno in Italia per mio figlio o facciamo qualcosa per lui e per i bambini che hanno le stesse difficoltà. Monsignor Dmytro Hryhoruk mi ha risposto: “Tu resti qui e realizziamo qualcosa insieme”».
Come prima cosa hanno preso in affitto un appartamento per fare i primi incontri. Hanno dovuto lottare con i vicini, che hanno innescato una lunga battaglia legale: non volevano vivere accanto a ragazzi speciali. Un ricorso inutile. Per la legge il centro era autorizzato. «Abbiamo vinto e ne abbiamo ricavato una pubblicità senza pagare. Ogni volta che ci citavano, si parlava di noi e raccoglievamo sostegno», ha raccontato la presidente della Casa della Misericordia.
Un processo che ha avuto anche risvolti negativi: «Eravamo cinque genitori fondatori, ma non tutti hanno sostenuto il peso del procedimento giudiziario. Per una seconda volta sono stata dal Vescovo, che mi ha invitato a rinnovare la nostra fondazione, assicurando che la Chiesa avrebbe sempre portato avanti quest’opera».
Sono trascorsi 11 anni e nemmeno la guerra ha messo in crisi questa felice intuizione, che oggi conta su varie strutture gemelle che ospitano 130 bambini, più tante madri e oggi anche rifugiati.
Un’opera che vive grazie al sostegno di tanti benefattori. In particolare, dall’Italia: «È un rapporto fortissimo. Abbiamo anche una collaborazione con la Fondazione Don Carlo Gnocchi. Sono diversi anni che collaboriamo, ci mandano anche degli specialisti», ha aggiunto Tania.
L’accoglienza dei profughi nelle sale della parrocchia nocerina consente di costruire l’asse solidale. «L’aiuto e il vostro appoggio – ha detto monsignor Hryhoruk – è molto importante, perché prima di essere materiale è un sostegno spirituale, fatto di preghiera». Un aiuto costante: «Siamo sempre in ricerca, perché abbiamo tanti lavoratori e perché ospitiamo dai bambini agli adulti che hanno bisogno di assistenza». L’Arcivescovo si è soffermato sui benefici che hanno i bambini quando sono accolti da don Giuseppe Perano, che in tre occasioni ha ospitato i più piccoli di Casa della Misericordia. Una prima volta in tempo di emergenza e sgombero, due volte per le vacanze estive. «L’accoglienza dei bambini è una sorta di riabilitazione. Quando vengono qui, dormono tranquilli, senza la paura dell’allarme per le bombe che continuano a cadere sulle nostre case. Arrivano con questo stress, ma dopo qualche giorno si “rinnovano”. Si sentono protetti».
Una rete di sostegno che continua ad allargarsi.
Dopo l’Italia, lo spirito di quest’opera si è esteso a Francia, Germania, Canada e Stati Uniti. Dalle parole della delegazione ucraina emerge forza e speranza, seppur la fine del conflitto non appaia così vicina.
Un popolo che vuole dialogare, ma reclama anche la possibilità di difendersi: «Il nostro aggressore (Putin, ndr) capisce solo la lingua della violenza – ha affermato l’Arcivescovo di Buchach –. Se domani avrà tutta l’Ucraina, poi vorrà l’Europa. Ogni giorno muoiono non solo i soldati, ma centinaia di bambini e persone innocenti. Apprezziamo quanto sta facendo il Papa per la liberazione dei prigionieri». Ultimamente sono stati liberati anche due sacerdoti della diocesi greco-cattolica. I loro racconti delle torture subite, di quanto è stato trovato nelle case e nei villaggi dopo il passaggio dei russi, per gli ucraini sono insopportabili. Atrocità che non scoraggiano l’arcivescovo e i suoi artigiani di solidarietà. «Noi vogliamo la pace. La pace viene da Dio, lui solo potrà aiutarci a risolvere ogni cosa. Non smetteremo di pregare e di invitare a pregare per la pace», l’appello di monsignor Hryhoruk.
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