Albero o presepe?

Se fossimo posti di fronte a un bivio e costretti a scegliere, non avremmo dubbi: la risposta sarebbe il presepe.

Albero o presepe? È uno dei grandi dilemmi del Natale risolto, spesso, con un salomonico: tutti e due. Eppure, se proprio dovessimo essere posti dinanzi a un bivio, costretti a una scelta, non avremmo alcun dubbio: il presepe!

Alla domanda di Lucariello, nel celebre “Natale in Casa Cupiello” (non è Natale senza vedere cosa accada in Casa Cupiello nella versione classica con il grande Eduardo…e ogni volta è come vederlo la prima volta): «Tommasì, te piace ‘o Presebbio?», risponderemmo un «sì» senza alcuna esitazione.

In fondo Lucariello è il migliore di tutti perché ha gli occhi, il cuore e la mente di un bambino che non sa vedere il male: «Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni. Pastorella, o’ terzo piano, mi ha incontrato per le scale e mi ha detto che lo fa pure lui il Presepio. Mi ha detto: “facciamo la gara”. Sta fresco… Lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho fatto pure i disegni, i progetti».

Aveva gli occhi, il cuore e la mente di un bambino anche Bartolo Longo, il fondatore del santuario di Pompei. C’è bisogno di farsi piccoli come i bambini per andare in Paradiso a vedere il volto di Dio. Nel 1890, sulle pagine de Il Rosario e la Nuova Pompei, il periodico del santuario, scrisse: «Abbiamo costruito un gran presepe nella cappella attigua al Santuario e lo abbiamo abbellito di cascate di acque e di fontane, che richiamino alla mente i luoghi alpestri di Betlem e i giorni santi della vita di Maria. In esso le orfanelle deporranno il Santo Bambino nella Notte del Natale ed arderanno, per quei giorni solenni, delle lampade dinanzi alla grotta, simbolo della fede dei cristiani, che riconoscono nel mistero di Betlem il principio della loro redenzione».

E sempre Longo definì il presepe «l’espressione della più tenera poesia della fede».

Aveva gli occhi, la mente, il cuore di un bambino anche san Francesco che, nel 1223, allestì il primo presepe a Greccio, borgo sugli appennini laziali, in provincia di Rieti, dove papa Francesco, il 1° dicembre 2019, firmò la Lettera apostolica Admirabile signum con cui ha esortato a continuare nella consuetudine di raffigura-re le scene della Natività.

Occorrerebbe non passare rapidamente dinanzi ad un presepe, ma fermarsi a meditare su ogni singolo personaggio. A cominciare dalla Madonna che, nella lettera sul presepe, il Santo Padre ha descritto come «una mamma che contempla il suo bambino».

«Dio– ha spiegato Francesco – ha bussato alla porta del suo cuore immacolato». Magari avessimo tutti gli occhi, la mente, il cuore di un bambino. Non faremmo le guerre. Non può fare la guerra chi allestisce un presepe.

Al massimo potremmo tirarci l’un l’altro le palle di neve, ma in Terra Santa non scende più la neve, come nella Notte delle notti, a Betlemme. Scendono bombe che non creano manti di neve, ma macerie. La speranza è in un Bambino che nasce in una mangiatoia. Intorno c’è la notte, ma una piccola, potentissima, luce la illumina.

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