Analizzando più dettagliatamente i fondi archivistici, i documenti più antichi risalgono al 1479. Il primo fondo, quello dei Processi civili e criminali, è una fonte preziosissima per ricostruire il rapporto tra morale, fede e vita civile per un arco di tempo che parte dalla seconda metà del Cinquecento e arriva fino alla fine dell’Ottocento.
Il secondo fondo, quello sulle parrocchie della Diocesi, conserva documenti fino al Novecento, frutto del versamento proveniente dagli archivi parrocchiali correnti. Il terzo fondo, che raccoglie gli Atti della Mensa vescovile, consente agli studiosi di ricostruire il patrimonio della diocesi e l’amministrazione dei suoi beni, spesso causa di lunghi e tormentati contenziosi con i tribunali civili. Il quarto fondo, quello degli Atti del Capitolo Cattedrale e del Collegio Ebdomadariale, ci consente di capire come era officiato il culto nella cattedrale da parte dei sacerdoti a cui era affidata questo particolare e privilegiato compito, da svolgere nei diversi periodi dell’anno pastorale. Naturalmente le regole e le norme cultuali diventavano il modello da applicare poi a tutti i luoghi sacri della diocesi, evitando interpretazioni troppo soggettive nei contesti parrocchiali.
Il fondo sulla Corrispondenza contiene gli Editti e i Decreti dei vescovi, ma anche le norme dell’autorità civile che riguardavano il clero ed i rapporti tra Chiesa locale e governo politico e le disposizioni centripete emanate dalla Santa Sede che interessavano l’amministrazione ed il culto diocesano.
Un fondo molto voluminoso è quello delle ordinazioni sacerdotali che consta di oltre 100 unità archivistiche.
La consultazione dei singoli fascicoli, in cui è ricostruito il curriculum di ogni singolo sacerdote, è semplificata dal criterio dell’ordine alfabetico. Si tratta di una fonte molto preziosa perché ci consente una visione complessiva e quantitativamente fedele sulla provenienza sociale e sulla formazione culturale del clero diocesano dall’inizio dell’età moderna fino ai giorni nostri, con notizie interessanti per capire l’evoluzione storica del rapporto tra fede e società. Nonostante l’ingente materiale documentario, gli studi sul nostro clero diocesano purtroppo sono ancora piuttosto scarsi e frammentari e meriterebbero una maggiore attenzione da parte degli studiosi.
Un altro fondo archivistico molto importante è quello sui monasteri e sui conventi, per lo più soppressi nel corso dell’Ottocento. Si tratta di documentazione particolarmente pregiata, perché si riferisce ai luoghi di formazione del clero regolare che nell’età moderna aveva ruoli basilari, anche rispetto al clero secolare, nella vita religiosa delle comunità diocesane. Oltre allo Stato patrimoniale, tra i documenti di questo fondo bisogna segnalare quelli riguardanti l’educandato delle novizie, il percorso della monacazione, l’elezione di priori e badesse, insomma la vita di tante comunità di religiose e religiosi che hanno caratterizzato e influenzato il culto tradizionale dei nostri antenati.
Accanto al clero e agli ordini religiosi non bisogna dimenticare anche il ruolo dei laici nella nostra storia diocesana.
Fondamentale resta il Fondo sulle Congreghe e le Arciconfraternite che esercitavano funzioni molto visibili nella vita civile delle singole comunità, come quella di accompagnare i morti nelle cerimonie funerarie, aiutare i poveri, le vedove, gli orfani, i malati, oppure di coadiuvare il clero nelle processioni e nei riti della Settimana Santa.
Un sistema di carità privata che sostituiva l’ente di governo, spesso instabile ed incapace di assicurare questi servizi, creando una sociabilità privilegiata all’interno della struttura cetuale, per un arco di tempo che copre tutta l’età moderna e contemporanea. Si tratta di organismi laicali che hanno plasmato e cementato, a partire da esperienze concrete di fede, l’identità comunitaria di tante città dell’agro-nocerino, come ad esempio la Congrega della Madonna delle Galline o quella del Corpo di Cristo. Ogni singola comunità era conosciuta e si era sviluppata anche intorno alle attività religiose della Congrega o della Confraternita, evidenziando legami sociali che rendevano indistinguibile il profilo civile da quello squisitamente culturale.
Oltre al Fondo archivistico che raccoglie gli Atti ufficiali della Curia vescovile, non manca tra il materiale documentario del nostro Archivio diocesano, il Fondo che raccoglie tutti gli Atti delle Visite Pastorali, fonte ormai privilegiata dagli storici per ricostruire la vita non soltanto religiosa delle comunità diocesane, soprattutto quelle dell’Italia Meridionale, a partire dagli studi e dall’impegno culturale dello storico Gabriele De Rosa e dei suoi allievi, che hanno stravolto il panorama degli studi socio-religiosi.
Conserviamo tutta la documentazione a partire dal Cinquecento fino ai giorni nostri e rappresenta un patrimonio imprescindibile ed inestimabile per ricostruire lo sviluppo delle radici storiche e dell’evoluzione delle pratiche di culto nel rapporto non sempre lineare tra l’Ordinario diocesano e le singole realtà parrocchiali ed ecclesiali. Emerge una realtà complessa e spesso complicata dagli eventi naturali catastrofici ma anche dal vorticoso succedersi delle autorità politiche, ma pur sempre ricca di fede, in cui la vita della Chiesa diocesana locale riesce a dare stabilità alla vita comunitaria, ben oltre gli stimoli di fenomeni eterodossi.
Ad affiancare le Visite Pastorali non bisogna dimenticare il Fondo delle Visite ad Limina che presenta qualche lacuna, ma i cui Atti periodici erano portati regolarmente anche nella Curia vaticana ed il Fondo archivistico sui Sinodi diocesani. Qui emerge il dato dell’identità ecclesiale locale rispetto alle spinte centralizzatrici ed uniformanti della Chiesa istituzionale, attestato dal Fondo archivistico delle Bolle di Nomina papale e vescovile. Si tratta di tipologie di fonti documentarie molto interessanti, poiché attestano lo sforzo dei vescovi di capire i bisogni, gli interessi e le molteplici spinte economiche, culturali e sociopolitiche della Chiesa locale diocesana, adeguandoli alle rigide norme emanate dalla Curia romana.
Il Fondo dei Benefici ecclesiastici di cui godevano le chiese più grandi e patrimonialmente più vaste della diocesi rappresentano un altro corpus documentario conservato e ricco di notizie e curiosità, a cui bisogna aggiungere il Fondo che raccoglie i documenti sul Seminario, divisi in Patrimonio, Amministrazione, Seminaristi, Docenti e registri.
Giuseppe Palmisciano, direttore archivio e biblioteca diocesana
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