Una lettura antropologica delle tentazioni di Gesù

Le risposte di Gesù alle tentazioni vanno al cuore del problema sotteso alle seduzioni maligne: rifiutare ogni forma di idolatria per affermare che solo Dio merita il culto e la fede

Continua la nostra lettura antropologica delle tentazioni di Gesù, a partire dal brano dell’evangelista Luca che abbiamo iniziato nel numero di dicembre. La notazione temporale dei quaranta giorni è ricca di contenuto simbolico per l’uomo biblico. Gesù ha fame dopo quaranta giorni di digiuno ed è a questo punto che viene tentato in quella passione insita nella corporeità dell’uomo, che può diventare, come abbiamo visto, un vizio capitale: la gola.

«Di fronte alla fame (Lc 4,2), Egli non sovverte la creazione per soddisfare il proprio bisogno: non assolutizza tale bisogno, non ne cerca una soddisfazione immediata e non cede alla tentazione del miracolo che sopprime la fatica e il sudore del lavoro per trarre dalla terra il pane da mangiare (Gen 3,19). Egli non salta la condizione creaturale. Gesù non si sottrae, cioè, alla povertà, in cui consiste la verità dell’essere umano. Non evade, con espedienti magici o tecnici, dalla condizione umana.»

Con questa tentazione, Satana cerca di indurre Gesù a rifiutare la sua finitudine umana e lo fa attraverso una zona del corpo, quella orale, che è «luogo d’eccellenza della strutturazione della personalità, capace di svegliare il fantasma dell’onnipotenza», scrive Ignazio Schinella ne Il segno di Giona.

Le successive due tentazioni si concentrano invece sulle passioni legate al possedere e al dominare. Satana tenta Gesù proponendogli di fare del tempio il palcoscenico per una manifestazione miracolosa della sua messianicità. Tuttavia, Gesù rifiuta questa possibilità: «rifiuta la tentazione del prodigioso, dello spettacolare, dello straordinario e non si sottrae al limite del proprio corpo, non impone la propria messianicità alla gente con evidenza di una simile ostentazione di forza prodigiosa: gettarsi dal tempio per essere salvato dagli angeli», ricorda Luciano Manicardi ne La prova permanente della fede per il cristiano.
Il diavolo vuole insinuare una falsa immagine di Dio, negando la condizione umana e proponendo un mito di onnipotenza che dimentica la creazione, il tempo, lo spazio e le mediazioni umane.

E così, anche nella terza tentazione, di fronte alla visione di tutti i regni della terra, Gesù rifiuta la tentazione del possesso, del potere, del dominio: custodisce il senso del limite, dell’unicità di Dio e della distanza rispetto a Lui: «Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai, Lui solo adorerai» (Lc 4,8).

Le risposte di Gesù alle tentazioni vanno subito al cuore del problema sotteso alle seduzioni maligne: rifiutare ogni forma di idolatria per affermare che solo Dio merita il culto e la fede. Le tentazioni di Gesù sono, per l’evangelista Luca in particolare, un paradigma per la comunità. Gesù, nuovo Adamo, è rappresentante e modello di ogni battezzato.

Tentato come tutti gli uomini, il nuovo Adamo si rivela in profonda solidarietà con i fratelli. Le tentazioni di Gesù diventano così il modello delle tentazioni del cristiano, che lotta affinché le passioni e pulsioni non si trasformino in vizi.

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