La cameretta del piccolo Luca è pronta. Chiara mostra con orgoglio tutto quello che ha preparato per il suo piccolo grande amore. «Questo è per il primo mese, questo per il secondo», dice, mostrando tutine e piccoli indumenti.
«Stamattina pensavo che fosse arrivato il giorno – dice – ho sentito dolori all’addome, ma è stato un falso allarme. Da questa casa si vede il mare, ci sono dei tramonti meravigliosi. Ecco, di qua si vede bene il Vesuvio. Così, in caso di emergenza – afferma sorridendo – faccio una chiamata e potete scappare via».
La settimana scorre tranquilla fino al venerdì. Chiara sta male, molto male, perde i sensi. Da quella casa da dove si vede il mare viene portata in ospedale. Il bambino viene fatto nascere immediatamente: è vivo. La mamma, però, non sta bene. I familiari si disperano, attendono notizie.
Durante la notte viene trasferita all’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli. Passano pochi giorni e giunge la terribile notizia: Chiara non ce l’ha fatta.
Dalla grotta di Betlemme siamo portati via bruscamente e vorticosamente alla croce del Calvario. Tutti sotto quella croce, tutti a chiederci perché, anche il Figlio di Dio, che penzola dal legno maledetto: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Luca, intanto, ha già compiuto una settimana. Il padre lo tiene stretto tra le sue braccia e, in quell’abbraccio, stringe forte la sua Chiara. I familiari sono profondamente turbati, ma Luca è il riflesso di Chiara. Attraverso i suoi occhioni vispi vediamo la sua dolce mamma, che, a sua volta, si rispecchia in lui e, con il suo abbraccio, vorrebbe stringere fortemente tutti a sé.
In sottofondo si iniziano a udire le parole del sommo poeta:
«Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura».
Il poeta viene bruscamente interrotto nello scorrere delle sue sillabe da una voce forte e autoritaria: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? È risorto. Vi precederà in Galilea». All’improvviso appare una grande luce, che nessuno ha mai visto prima. Uno simile a un figlio d’uomo: la sua veste è candida come la neve e i capelli del suo capo sono candidi come la lana. Le sue parole rimbombano tra il cielo e la terra, come l’apparire di un guizzo di luce in una notte d’inverno, che squarcia le tenebre della notte: «Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se morto, vivrà. Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno».
Don Vincenzo Di Nardi
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