Insegnavo in quel tempo in una scuola elementare, oggi primaria, e le classi più che pollaio erano una vera arca di Noè.
Tantissimi alunni (con gli indisciplinati che venivano affidati da altre classi) e un maestro unico.
Non esagero ma la proporzione era 1/40. Allora era possibile per legge, e perché non c’era certamente una crisi demografica. Oggi, tanta e giusta legislazione scolastica, ma manca il materiale umano, gli alunni.
Quell’anno avevo una seconda elementare; arrivò un bambino dalla Toscana per trasferimento dei genitori che, dopo un periodo di lavoro in quella regione, erano ritornati al loro paese.
L’alunno, bello e cicciottello, faceva fatica ad inserirsi nella classe. Interrogato non rispondeva mai, alla lavagna non aveva voglia di scrivere.
Che sarà? Dopo qualche giorno di scuola mi accorgo che era stato promosso in seconda elementare, ma non sapeva né leggere e né scrivere, tabula rasa; promosso solo per essere trasferito con la famiglia.
Che fare? Era mio metodo far venire vicino la cattedra tutti gli alunni che rimanevano più indietro col programma. Avevo vicino quel bambino, mi accorsi che era intelligente, ma semplicemente era stato lasciato indietro e non conosceva neanche una lettera dell’alfabeto.
Con pazienza e con attenzione, gli insegnai a tenere la penna, la matita e scarabocchiare qualche lettera.
Sudava e scriveva, cancellava e sudava, con l’occhio però sempre attento al bel panino che si portava per la merenda.
Al momento della ricreazione era sempre il primo a correre per giocare e consumare lo spuntino. Dopo qualche giorno, lo invitai a consegnarmi il panino e a metterlo in bella vista sulla cattedra, con questo patto: «Se termini la pagina, puoi prendere il panino!».
Avevo scoperto la molla, la motivazione. In poco tempo, tenendo di vista il panino, completava i diversi esercizi e la pagina del quaderno.
Dopo non molto si mise in carreggiata con gli altri alunni, sapendo così compiere insieme il dovere e il piacere. L’ho incontrato qualche volta da grande. Si è realizzato con onestà e semplicità nella vita, lavorando in una officina. Mi ha ripetuto che la speranza di mangiare quel panino non l’ha mai dimenticata ed è stata per lui la molla per superare tante altre difficoltà.
È proprio vero, che la speranza va sempre motivata.
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