Ha suscitato interesse negli addetti al settore e tra gli interessati, il convegno che si è svolto lo scorso 23 novembre presso il suggestivo Battistero Paleocristiano di Nocera Superiore sul tema “L’architettura religiosa tra conservazione e innovazione”. Di seguito è presentato il testo con il quale Mons. Giuseppe Giudice, Vescovo diocesano, ha salutato i convenuti.
Carissimi,
a conclusione di questa bella mattinata di studio, il saluto e il pensiero del Pastore di questa santa Chiesa, pellegrina in Nocera Inferiore – Sarno.
Saluto tutti e ciascuno di voi: i chiarissimi relatori, l’ufficio tecnico diocesano, che ha preparato questo momento che abbiamo voluto in questo sito stupendo, il Battistero Paleocristiano di Nocera Superiore; i sacerdoti e tutti coloro che hanno piacere di intessere un dialogo con l’arte.
Qui, nel Battistero, ci sono le nostre radici; qui siamo nati come credenti dell’Agro e da qui sempre bisogna ripartire per dire il senso del nostro vivere ed anche del nostro morire.
Ha scritto il Cardinale Luis Antonio Tagle, filippino: “Il mondo cerca uno spazio per incontrare la trascendenza. La Chiesa deve collocarsi nello spazio dove si incontrano le persone che cercano il senso della vita”.
Vorrei che per la Chiesa, e quindi per le nostre comunità, e per chi in mezzo a noi è chiamato a custodire la bellezza, si attuasse la parola evangelica: Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52).
Ecco il nostro compito affascinante, estrarre nova et vetera; si, conservare e innovare.
Conservare vuol dire rispetto per la storia; attenzione a chi ha pensato, lavorato e sofferto prima di noi.
Innovare indica attenzione al futuro, al nuovo, al passaggio dello Spirito nel nostro tempo.
Ci può aiutare una semplice considerazione, forse ovvia e scontata: ciò che noi oggi definiamo antico, per altri ieri era nuovo; e ciò che oggi noi definiamo nuovo, domani per altri sarà antico e a noi è chiesto di distinguere bene i due aggettivi, vecchio e antico.
Tra ieri e domani, c’è un oggi, hodie, dove siamo chiamati a conservare innovando e ad innovare ben conservando e progettare recuperando.
Conservare ed innovare usando registri comunicativi che sono legati al tempo e alla storia dell’evoluzione umana. Nell’arte non si può solo ripetere e imitare, quasi nostalgici del passato che pure amiamo e stimiamo, ma bisogna utilizzare anche una grammatica nuova capace di parlare all’uomo e alle donne di oggi, attenti al soggetto e all’oggetto della realizzazione, ben sapendo che il tema religioso è terreno sempre ricco e inesplorato.
Ci sovviene la parola di San Giovanni XXIII: “La Chiesa non è museo di cose antiche. Essa è l’antica fontana del villaggio, che dà acqua alle generazioni presenti, come a quelle del passato”.
La Chiesa, maestra di arte e di bellezza, ha una lunga tradizione in questo campo ed oggi, più che mai, deve riprendere il dialogo con l’arte e gli artisti, ricordando la sua primigenia funzione che è evangelizzare, cioè scrivere il Vangelo, non solo con le vite sante, ma anche con le pietre e altri materiali nobili, secondo la rinnovata lezione del Concilio Vaticano II.
Tutti i grandi, coloro che ci hanno lasciato pagine di arte e di bellezza, forse pur non sapendolo, hanno operato investiti dal soffio creatore, dal vento, che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va (Gv. 3,8).
Questo vento, che è ancora e sempre il vento di Pentecoste, ci aiuti oggi e negli incontri a venire, a diventare per i nostri contemporanei, assetati di bellezza, artigiani di manufatti capaci di indirizzare verso l’alto e verso gli altri, come lo scriba che, divenuto discepolo, estrae dal tesoro cose nuove e cose antiche.
Nocera Inferiore, 23 novembre 2016
+ Giuseppe Giudice, Vescovo