Dalla parte del cittadino: Robustella si racconta

Quando lavorava a Ferrara fece affiggere un biglietto davanti agli uffici di cancelleria con la scritta: “La cortesia è sempre dovuta, perché il cittadino ci paga”. In occasione della Giornata europea della giustizia, l’intervista ad Antonio Sergio Robustella, presidente del Tribunale di Nocera Inferiore.

di Antonietta Abete

Al sud per ottenere giustizia bisogna aspettare di più. Il dato emerge da uno studio commissionato dal Ministero di Giustizia nel 2019. Problema che affligge drammaticamente anche il Tribunale di Nocera Inferiore che si colloca agli ultimi posti.

I numeri

Con un bacino di utenza di circa 320 chilometri quadrati, che abbraccia 19 Comuni e una popolazione complessiva di circa 400.000 abitanti, il foro ha un organico insufficiente rispetto alla domanda di giustizia che si trova a fronteggiare. Il numero dei procedimenti pendenti nel settore civile, penale e del lavoro è troppo alto e rischia di generare un pericoloso senso di sfiducia nei cittadini. Difficile anche la posizione dei magistrati in servizio, alcuni molto giovani o al primo incarico: i carichi di lavoro sono sproporzionati e troppo usuranti per essere retti in un periodo medio lungo.

Il presidente del Tribunale di Nocera Inferiore

In questo quadro a tinte fosche è chiamato ad operare il Presidente del Tribunale, Antonio Sergio Robustella, che ha iniziato il suo incarico il 10 settembre 2019. Magistrato di lungo corso – ha ricoperto incarichi importanti in tutta Italia – ha scelto di concludere a Nocera Inferiore la sua carriera, dandosi come obiettivo quello di riportare, in soli tre anni, il Tribunale ai primi posti nella classifica di quelli più efficienti.

Il suo cellulare è pubblico, la porta dell’ufficio è sempre aperta perché il Palazzo di Giustizia deve essere trasparente, quasi come se fosse una struttura di vetro o cristallo. «Il cittadino deve sapere sempre cosa succede dentro. E se è convinto che ci sia qualcosa che non va, deve poter manifestare le sue critiche perché il potere è finalizzato a rendere un servizio».

In una relazione inviata al Consiglio Superiore della Magistratura, al Ministero della Giustizia, al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nocera Inferiore ha individuato le criticità più importanti su cui intervenire per “dare dignità, rispetto ed efficienza a questo Tribunale”. Una sfida che non lo spaventa.

 

L’ingresso del Tribunale di Nocera Inferiore. Foto di Salvatore Alfano

 

Presidente,  una delle prime cose che ha fatto appena arrivato a Nocera Inferiore è stata sistemare le bandiere all’ingresso del Tribunale. A sue spese.

«Sì, le ho comprate io. Erano tutte a brandelli. E, per dare un segnale che la giustizia funziona con il contributo di tutte le parti e nell’interesse comune, ho fatto ridipingere le aste dagli avvocati».

Ho letto la nota che  ha inviato al Consiglio Superiore della Magistratura, al Ministero della Giustizia, al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Nocera Inferiore.

«Ho scritto un po’ a tutti».

Un’analisi molto dettagliata dalla quale emergono diverse criticità, tra queste l’insufficienza della pianta organica della magistratura. Come ha fatto  a tracciare un quadro così preciso delle necessità di questo Tribunale?

«Prima di assumere formalmente le mie funzioni, ero già venuto per tentare di rendermi conto, da cittadino, di come funzionava il sistema. Ho dedicato i primi giorni a parlare con il personale, con gli avvocati, con tutte le persone coinvolte. Ho letto le statistiche, gli atti, guardato le udienze. Ho cercato di farmi un’idea, da una parte, delle criticità maggiori, dall’altra, delle priorità».

A quali priorità sta lavorando?

«Mettere in sicurezza gli ambienti. Purtroppo questa struttura non è stata adeguatamente curata. Qui non devono esserci cronache di tragedie annunciate, bisogna intervenire prima. Ho contattato le parti dell’amministrazione e i compartimenti che si devono occupare, nello specifico, di questo aspetto, in particolare il Provveditorato alle Opere Pubbliche che ho diffidato. Ci sono altre cose da fare, molte le stiamo già facendo recuperando anche vecchi progetti già finanziati che giacevano su un binario morto».

Nell’introduzione dice a chiare lettere che questo territorio è vittima della criminalità organizzata, presente anche nelle istituzioni pubbliche. Un’espressione che dovrebbe farci saltare dalle sedie.

«Io mi occupo di tutti gli uffici giudiziari, anche dell’Ufficio del Giudice di Pace. E quando uno vede una serie di cose che non funzionano, si domanda il perché. E allora bisogna indagare in profondità per cercare di capire. Faccio un esempio: ci sono stati diversi allarmi bomba. Perché non è ancora successo niente? Perché non c’era niente da scoprire o perché si è fatto finta di non vedere? Sto cercando piano piano di comprendere. Negli Uffici del Giudice di Pace ho riscontrato una serie di cose che non vanno e ho detto che o le cose cambiano o saranno presi provvedimenti seri, anche la chiusura degli Uffici. Pretendo legalità, normalità ed efficienza. Il Palazzo di Giustizia deve essere trasparente: il cittadino deve sapere cosa succede dentro».

Che ambiente ha trovato?

«Una realtà impregnata di molta rassegnazione, un porto delle nebbie nel quale non si sa cosa succederà domani. Tutto questo alimenta l’idea che non cambierà mai nulla, il futuro non è più contrassegnato dalla speranza. Bisogna invertire questa tendenza e il primo esempio devono darlo le istituzioni. Più sono trasparenti e più permettono al cittadino di rendersi conto anche di quello che non funziona. Se il cittadino vede che il processo sarà fissato tra due anni, però viene e capisce che ce ne sono talmente tanti e prima non si può fare, non sarà contento ma se ne fa una ragione. Se il cittadino viene e vede che il suo processo è stato fissato tra due anni, invece c’è quello raccomandato a cui è stato fissato tra tre mesi, allora non va più bene».

Quale atteggiamento deve avere un magistrato nei confronti del cittadino?

«Vede, per il cittadino che ha una causa, civile o penale, quella non è una causa, è la causa. La sera prima pensa: cosa mi succederà domani? Troverò qualcuno che mi ascolterà? Avranno letto le carte? Questo giudice sarà onesto? Si è venduto? Se l’è comprata l’altra parte. Il mio avvocato mi difenderà correttamente? È questo il problema del cittadino. Oltre ad essere preparato professionalmente e attrezzato, il giudice deve sforzarsi di gestire in modo più possibile trasparente e autonomo l’udienza».

Mi ha colpito l’attenzione dedicata al carico di lavoro dei singoli magistrati, all’effetto emotivo che può avere, soprattutto sui più giovani. Noi cittadini siamo soliti focalizzarci sui ritardi della giustizia, dimenticando la fatica di chi indossa la toga.

«I giudici, che qui sono quasi tutti ragazzi, molti di prima nomina, hanno poca esperienza e si trovano ad avere dei ruoli sproporzionati (per ruolo si intende quante cause un magistrato deve trattare e che dovrà fissare). Se il ruolo, parlo del settore civile, è di 2000 cause, la fissazione di un’udienza sarà fatta tra 2 o 3 anni. Al cittadino non importa che il giudice ha 2000 cause, lui vuole che la sua causa si risolva il prima possibile. Hanno ragione tutte e due. E il giudice, giovane e con poca esperienza, naturalmente è più rallentato. Come in tutte le attività, la formazione è importante ma il mestiere lo è altrettanto. Con il tempo si diventa più veloci nel gestire le situazioni, a parità di qualità. Ma all’inizio è frustrante. Nella giustizia i tempi sono fondamentali, tempi lunghi favoriscono soltanto il malaffare. Ecco perché è importante che ci siano più giudici, solo così si potranno ridurre i ruoli e avere una giustizia più credibile».

Cosa ha provato quando ha saputo di essere chiamato alla guida di questo Tribunale?

«Io ho scelto io di venire qua! Ero a Napoli, avevo anche un posto molto prestigioso, ero il Presidente Vicario della Corte d’Appello. Non mi mancano molti anni per andare in pensione, tutto sommato potevo vivere tranquillo. Sono venuto qui, di nascosto, a vedere un po’ la situazione e mi sono reso conto che questo Tribunale aveva molti problemi. E siccome io intendo il lavoro come servizio e ho accumulato, negli anni, un’esperienza importante – di uffici ne ho diretti tanti e con buoni risultati – ho pensato di poter dare una mano. Nocera Inferiore è uno degli ultimi cinque Tribunali di Italia. Ed io ho detto che in 3 anni dovrà diventare uno dei primi 5. Magari non sarà così ma se ci impegniamo tutti, perché siamo tutti dalla stessa parte, qualcosa si può fare. Le potenzialità ci sono e la partita deve essere giocata fino in fondo».

C’è qualcuno a cui si ispira nel lavoro quotidiano?

«Mi impegno a mantenere un forte senso di umiltà. Giudicare le persone non deve essere motivo per essere arrogante o per sentirsi diverso o al di sopra degli altri. O migliore. Bisogna cercare di capire gli altri, la loro vita e i loro problemi. Io ci credo in un mondo migliore. La mia è una cultura laica ma in qualche modo il modello di papa Francesco mi piace molto. Non ci dovrebbero essere bambini che hanno giocattoli e bambini che non ne hanno. Persone che hanno giustizia e persone che non ne hanno. Per me è la stessa cosa».

Immagino che lei passi più tempo qui che a casa. In quello che fa, quanto c’è del sostegno e del sacrificio della sua famiglia?

«I miei figli adesso sono grandi. Ma ho sempre cercato di rendere compatibili il lavoro e la vita familiare, di essere un papà presente. Quando i miei figli erano piccoli, lavoravo di notte come fanno spesso le donne che lavorano. Nessuno deve perdere la possibilità di emancipazione e crescita personale. Ma ci sono delle priorità e i figli sono sempre la priorità. La priorità delle priorità. In qualche modo, le persone che vengono nel Palazzo di Giustizia sono le seconde priorità».

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