Gli alunni italiani hanno frequentato la scuola meno della metà dei giorni previsti dalle istituzioni. Un’anomalia dettata dalla pandemia che avrà conseguenze incalcolabili nella vita emotiva e formativa degli studenti. Ne abbiamo parlato con Antonella Scoppa, studentessa del “Don Carlo La Mura” di Angri.
I bambini e gli adolescenti di tutto il mondo hanno perso in media 74 giorni di scuola. Meno della metà dei giorni previsti dalle istituzioni: è questa la media della frequenza in presenza per gli alunni. A rivelarlo è Save The Children, con un’analisi mondiale che non vuole essere esaustiva ma getta lo sguardo sulla situazione delle scuole e dell’istruzione.
I dati di Save the Children
Ad un anno dal primo lockdown generale, un primo e importante report sul mondo scolastico, con un approfondimento sulla didattica delle scuole di ogni ordine e grado di otto capoluoghi di provincia. “Da settembre 2020 a fine febbraio 2021 – si legge nella nota di Save the Children – i bambini delle scuole dell’infanzia a Bari, per esempio, hanno potuto frequentare di persona 48 giorni sui 107 previsti, contro i loro coetanei di Milano che sono stati in aula tutti i 112 giorni in calendario. Gli studenti delle scuole medie a Napoli sono andati a scuola 42 giorni su 97 mentre quelli di Roma sono stati in presenza per tutti i 108 giorni previsti. Per quanto riguarda le scuole superiori, i ragazzi e le ragazze di Reggio Calabria hanno potuto partecipare di persona alle lezioni in aula per 35,5 giorni contro i 97 del calendario, i loro coetanei di Firenze sono andati a scuola 75,1 giorni su 106”.
L’esperienza di Antonella
La didattica a distanza è stata una scelta obbligata per la scuola italiana ma sono ancora incalcolabili le conseguenze a livello psicologico e formativo che pagheranno gli studenti. A raccontare la sua esperienza Antonella Scoppa, studentessa al terzo anno del Liceo “Don Carlo La Mura” di Angri. Sollecitata dalla sua insegnante di religione, la professoressa Elisa Cafaro, la ragazza ha riflettuto sulla difficoltà di vivere le restrizioni dettate dalla pandemia per gli adolescenti: «Io spero che si trovi il modo di rendere la situazione attuale vivibile e sostenibile, dove senza spegnere la nostra vita si cerchi di fermare l’epidemia e ritornare alla vecchia normalità» confessa la giovane.
«Per me che sono appena quindicenne – prosegue Antonella – e che mi sto trovando a vivere il terzo anno di liceo senza la convivenza reale nella classe con i docenti e i compagni, so per certo che nessuna soluzione mi potrà ridare quanto sto perdendo in virtude e conoscenza in questo irripetibile percorso scolastico».
Antonella e il suo desiderio di normalità
Antonella è giovanissima eppure ha elaborato già con grande maturità quanto sta accadendo a livello mondiale. La studentessa racconta di aver voglia di riabbracciare le vecchie abitudini, perché questa esperienza ha evidenziato proprio l’importanza delle piccole cose, quelle che appartengono alla normalità: «Gli anni di studio in classe, con il sostegno quotidiano, reale, rassicurante e illuminante dei docenti e con l’apporto armonioso e costruttivo di tutti i compagni».
Anche sull’utilizzo della rete per la prosecuzione delle normali attività d’istruzione, Antonella sembra avere le idee chiare: «Se il digitale ha reso possibile la connessione interpersonale nella didattica a distanza, ha però, allo stesso tempo, isolato i nostri corpi ma è proprio nelle avversità che gli esseri umani hanno bisogno di sentire di non essere soli per lottare e risorgere!”.
L’importanza, insomma, di incontrare un volto e non uno schermo.