C’è una misura in tutte le cose, anche negli entusiasmi che si diffondono nella fase discendente (almeno così sembra) di una pandemia. Più che di rumori avremmo bisogno di silenzio, meditazione e ricerca.
È un esperimento semplice. Schiacciate una molla portandola al suo maggior grado di appiattimento e poi liberatela all’improvviso. Salterà verso l’alto quasi come in una piccola esplosione.
In fisica la chiamano “forza elastica”. È quello che è successo al solstizio di primavera e che ora capiterà, peraltro moltiplicato, al solstizio estivo.
Dopo un anno e cinque mesi di sofferenza vediamo all’orizzonte la luce della ripresa e gli italiani – grazie ai vaccini! – si ritroveranno tra le mani quella libertà di vivere che sembrava perduta tra un lockdown e una norma sanitaria.
Il rischio, soprattutto per i giovani considerati gli entusiasmi dell’età, è perdere la trebisonda. Andare oltre, eccedere. Quando i romani dovevano andare in Colchide, nella regione del Caucaso, oggi Georgia, si fermavano proprio a Trabzon, Trebisonda, una città della Turchia, dove si faceva scalo per riposare e trovare la strada per arrivare ai Colchidi, popolazione con la quale erano fecondi i commerci.
Parafrasando san Filippo Neri, “state buoni se potete”. E d’altra parte Orazio diceva “est modus in rebus”. C’è una misura in tutte le cose, anche negli entusiasmi che si diffondono nella fase discendente (almeno così sembra) di una pandemia.
Più che di rumori avremmo bisogno di silenzio, di meditazione, di ricerca, di metterci in ascolto del tempo che scorre e del Creato, mettendoci in ascolto della Voce.
Forse, nel fermarci su ciò che è essenziale, dovremmo prendere esempio da don Luigi Lamberti, che vive, lavora e prega nell’eremo di Sant’Erasmo, a Corbara, sul Valico di Chiunzi. Di certo lassù si vedono ancora le stelle e non si sentono né motori delle auto né il vociare indistinto della folla.
E magari, nel silenzio, si potrà anche chiedere a Dio: “Perché?”. Perché le morti innocenti, perché persone che si spengono da sole in un ospedale, perché il virus si accanisce soprattutto con i più fragili o con quei Paesi dove la miseria è più diffusa?
Abbiamo certamente bisogno di riprendere la vita, di recuperarne il colore e i suoni, ma abbiamo anche necessità interiore di capire cosa sia successo e quale sia il senso della sofferenza. C’è insomma bisogno di spiritualità e non solo di materia. È quello che, per una vita intera, ha insegnato Franco Battiato, che proprio a Nocera, alla fine degli anni Settanta, tenne un concerto nelle vicinanze dello stadio.
Non sempre le sue idee o il suo pensiero erano condivisibili dal punto di vista di un cristiano. Non lo era certamente il suo credere nella reincarnazione.
Eppure non possiamo che restare ammirati rispetto al suo continuo cercare, che nasce sempre da una profonda nostalgia di Dio. “Quanta pace – aveva cantano – trova l’anima dentro. Scorre lento il tempo di altre leggi, di un’altra dimensione. E scendo dentro un Oceano di silenzio, sempre in calma”. In fondo tutti noi cerchiamo il nostro centro di gravità permanente, che ora Battiato ha trovato.