Un Santo che fa innamorare: Alfonso Maria de Liguori

Il fondatore dei Redentoristi nacque a Marianella (Napoli) il 27 settembre 1696. Il cardinale Pietro Parolin: : «Sant’Alfonso proporre una strada di misericordia» fatta di «carità e dolcezza, si fa carico della persona»

Un «Santo che fa innamorare» e che può aiutare la Chiesa nel cammino sinodale. Sono alcuni degli aspetti trattati dal cardinale Pietro Parolin in occasione della sua visita a Pagani, per la solennità di sant’Alfonso Maria de Liguori.

Il Segretario di Stato Vaticano lo scorso primo agosto ha presieduto la Messa nella piazza antistante la basilica alla presenza di centinaia di persone, alle quali ha assicurato che porterà «al Papa i saluti e l’invito di venire a Pagani e di fermarsi in preghiera davanti all’urna di sant’Alfonso».

Nell’omelia, il porporato ha sottolineato il metodo alfonsiano: «Proporre una strada di misericordia» fatta di «carità e dolcezza. La vera misericordia, infatti, si fa carico della persona». Ha ricordato come tanti pontefici gli abbiano «riconosciuto fama» e lo abbiano «raccomandato come esempio».

Richiamando il messaggio di Francesco per il 150° anniversario della proclamazione del Santo a Dottore della Chiesa, avvenuta per volontà di Pio IX, Parolin ha evidenziato l’attenzione di sant’Alfonso ad un «insegnamento sempre destinato alla realtà» che va «incontro alle necessità della gente». Questo per il segretario di Stato è «un esempio di pastore che sa parlare al cuore della gente».

Parolin ha precisato che la visita a Pagani è stata l’occasione per fargli rispolverare la figura di un «Santo che innamora». «Lui – ha rimarcato il Segretario di Stato Vaticano – dice nel Tu scendi dalle stelle “La tua povertà Signore più mi innamora”. E così anche accostandoci a sant’Alfonso si ha questa impressione, di essere da lui attratti. Siamo da lui attratti perché lui è stato attratto da Cristo e si è lasciato interamente conquistare da lui e dal suo amore»

Eminenza, la definizione utilizzata al termine della celebrazione è molto significativa. Andrebbe rilanciata soprattutto tra chi non conosce sant’Alfonso, in particolare i più giovani?

«C’è un po’ il rischio di perdere la memoria di queste autentiche luci nella vita della Chiesa, che danno luce perché si lasciano illuminare da Cristo e che a loro volta illuminano il popolo. Credo varrebbe la pena riscoprire queste figure, farle riscoprire ai giovani. È una sfida che riguarda un po’ tutti per centrarci in quello che è l’essenziale del cristianesimo: il rapporto di amore con il Signore Gesù. Se camminiamo su questa strada forse anche i giovani riscopriranno la fede e la loro appartenenza ecclesiale. Una figura come sant’Alfonso può davvero aiutarci in questo cammino».

Anche nel cammino sinodale che si appresta a compiere la Chiesa, in particolare quella italiana?

«Sì, per andare a quello che è l’essenziale. Mi pare che sant’Alfonso sia un santo che vada all’essenziale e riproponga l’essenziale della fede. Credo che il cammino sinodale altro non sia che camminare insieme con la finalità di annunciare Cristo e testimoniarlo agli uomini di oggi. Tutti insieme nella Chiesa, non in maniera solitaria o isolata, siamo un popolo che cammina insieme per annunciare e portare il Signore Gesù al nostro mondo».

Altrimenti, come ha affermato nell’omelia, si corre il rischio di creare una pastorale elitaria.

«Ho sottolineato questo aspetto di sant’Alfonso, che la sua proposta riguardava tutti e forse se privilegiava qualcuno, come del resto nostro Signore, ha privilegiato i poveri, quelli che si trovano in necessità sia materiali che spirituali, ma soprattutto che confidano in Dio. È quello a cui il Papa ci richiama continuamente: dobbiamo essere una Chiesa di popolo. Una Chiesa che accoglie tutti senza escludere nessuno e che a tutti fa la stessa proposta, lo stesso cammino di santità e di perfezione».

Possiamo dire che sant’Alfonso è stato un antesignano della Chiesa in uscita di papa Francesco?

«Diredi di sì. È andato veramente dappertutto. La sua opera è nata a contatto con le periferie, per usare ancora un termine sempre caro a papa Francesco, proprio perché i quartieri più malfamati e più poveri di Napoli, i paesetti dell’Agro, erano abbandonati spiritualmente. Quindi, a contatto con queste realtà ha capito che doveva dare una risposta e la risposta era quella del Vangelo».

Ad accomunare il Pontefice ed il nostro Santo è anche l’attenzione verso la confessione, non trova?

«Nel senso del confessionale come un “centro di grazia e di misericordia”. Credo che anche il Papa abbia sottolineato moltissimo questo aspetto. Lì si incontra il perdono del Signore, lì si incontra la sua grazia e la sua misericordia per ricominciare ogni volta il nostro cammino di vita cristiana».

Il cardinale Pietro Parolin incensa l’altare (Foto Salvatore Alfano)

Il Vescovo, il Padre provinciale dei Redentoristi, il popolo presente le ha chiesto di portare al Papa l’invito a venire da sant’Alfonso. Si può sperare?

«Non accendo speranze perché è il Santo Padre che deve decidere, comunque riferirò al Papa che c’è stata una reiterata richiesta che lui possa venire a Pagani e visitare la Basilica, sant’Alfonso, i suoi resti mortali e soprattutto i fedeli che si radunano intorno a lui».

Salvatore D’Angelo

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