La prevenzione si fa fin da giovani. Nel nostro caso il riferimento è ai seminaristi. Anche se il tema degli abusi deve essere parte integrante della formazione continua del clero.
Padre Hans Zollner ne è certo: «Un passo importante e necessario è garantire una buona formazione umana, non solo nel periodo del seminario ma durante tutta la vita sacerdotale. Purtroppo – e conosco molti seminari e case di formazione in tutto il mondo – non si dà la giusta importanza a questo settore, il che è nocivo nel medio e lungo termine, perché dopo l’ordinazione sorgono questioni sulla vita affettiva e relazionale e sulla sessualità che avrebbero dovuto essere affrontate durante la formazione».
Eppure non mancano i sostegni dal punto di vista documentale, come per esempio la “Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis” nella quale si legge che «sono necessari una buona informazione e corsi specifici sui temi della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, ma l’informazione da sola non è sufficiente». Informazione, però, non è formazione. È necessario compiere questo salto: «Serve una solida formazione umana che favorisca il loro sviluppo integrale. La maturità umana non solo aiuta ad impedire ai sacerdoti di commettere abusi sessuali, di potere e di coscienza, ma anche ad avere una vita sana, casta e celibe, in cui si vivono relazioni sane e appropriate».
L’accompagnamento personale, corsi specifici e, eventualmente, l’assistenza psicologica, sono importanti per i futuri sacerdoti. Ma ci sono anche altri mezzi. «Per esempio – continua Zollner – il modo in cui vengono insegnate le materie intellettuali, cioè le materie filosofiche e teologiche, ha un impatto significativo nella misura in cui possiamo favorire la crescita umana dei seminaristi». Dunque, per aiutare i seminaristi a sviluppare una maggiore maturità «bisogna anche favorire una pedagogia e dei metodi didattici che corrispondano (il “come”) a ciò che si vuole insegnare (il “cosa”)».
Il referente diocesano
Ne abbiamo parlato con lo psicologo e psicoterapeuta Antonio Francese che segue le questioni della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno.
La CEI ha chiesto la costituzione di servizi regionali e interdiocesani, nonché un referente diocesano. In Campania, a che punto è questo percorso?
La Campania è stata una delle prime regioni a muoversi secondo le indicazioni della CEI. Sono già stati svolti incontri come commissione regionale e sono state istituite delle equipe per ogni metropolia, con relativi centri d’ascolto; inoltre ogni diocesi campana ha il suo referente.
Il nostro territorio regionale si è ritrovato a fare i conti con questo dramma? Siamo una realtà che ha saputo e sa guardarsi allo specchio?
Sì, e devo dire che laddove è stata rilevata la problematica un intervento è stato subito posto in essere.
Il referente e, in generale, la comunità ecclesiale può essere anche punto di riferimento per l’ascolto e l’accoglienza di casi di abusi avvenuti fuori dal contesto ecclesiale?
Il referente non ha la possibilità di accogliere casi avvenuti fuori dal contesto ecclesiale. Egli è chiamato ad essere stretto collaboratore del Vescovo per quanto riguarda l’ascolto delle eventuali vittime, qualora richiesto dallo stesso. È chiamato anche a promuovere iniziative formative interne alla struttura ecclesiastica, per un approccio preventivo che miri alla tutela dei minori e delle persone fragili.
Ascolto e accompagnamento delle vittime, ma anche sensibilizzazione, formazione e prevenzione di fenomeni predatori. Sono gli aspetti che caratterizzano il referente. Qual è la sua esperienza?
Siamo in una fase, oserei dire, ancora embrionale. Sono state date indicazioni a chi, interno alla nostra Chiesa particolare, ha chiesto strumenti osservativi. La pandemia ha rallentato anche una serie di processi e progettualità, per una strutturazione più sistematica. In accordo col Vescovo, l’attenzione sarà mantenuta adeguata al livello di bisogno locale e di richieste particolari.
Un approccio esclusivamente psicologico può essere la risposta?
Non può esserlo nella misura in cui si dovesse entrare nel campo della giurisprudenza o della medicina. Difatti il referente ha facoltà di poter interagire con altri tecnici competenti in discipline utili alle finalità del servizio.