Abusi sui minori, la formazione dei seminaristi e il referente diocesano

Dopo l’intervista a Padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, abbiamo approfondito alcuni aspetti fondamentali per affrontare il delicato tema relativo all’abuso sui minori.
formazione dei seminaristi
Vaticano, 23 febbraio 2019. Terza giornata del Summit sugli abusi sui minori nella Chiesa Cattolica. Zollner, Papa Francesco e Lombardi (Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La prevenzione si fa fin da giovani. Nel nostro caso il riferimento è ai seminaristi. Anche se il tema degli abusi deve essere parte integrante della formazione continua del clero.

Padre Hans Zollner ne è certo: «Un passo importante e necessario è garantire una buona formazione umana, non solo nel periodo del seminario ma durante tutta la vita sacerdotale. Purtroppo – e conosco molti seminari e case di formazione in tutto il mondo – non si dà la giusta importanza a questo settore, il che è nocivo nel medio e lungo termine, perché dopo l’ordinazione sorgono questioni sulla vita affettiva e relazionale e sulla sessualità che avrebbero dovuto essere affrontate durante la formazione».

Eppure non mancano i sostegni dal punto di vista documentale, come per esempio la “Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis” nella quale si legge che «sono necessari una buona informazione e corsi specifici sui temi della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, ma l’informazione da sola non è sufficiente». Informazione, però, non è formazione. È necessario compiere questo salto: «Serve una solida formazione umana che favorisca il loro sviluppo integrale. La maturità umana non solo aiuta ad impedire ai sacerdoti di commettere abusi sessuali, di potere e di coscienza, ma anche ad avere una vita sana, casta e celibe, in cui si vivono relazioni sane e appropriate». 

L’accompagnamento personale, corsi specifici e, eventualmente, l’assistenza psicologica, sono importanti per i futuri sacerdoti. Ma ci sono anche altri mezzi. «Per esempio – continua Zollner – il modo in cui vengono insegnate le materie intellettuali, cioè le materie filosofiche e teologiche, ha un impatto significativo nella misura in cui possiamo favorire la crescita umana dei seminaristi». Dunque, per aiutare i seminaristi a sviluppare una maggiore maturità «bisogna anche favorire una pedagogia e dei metodi didattici che corrispondano (il “come”) a ciò che si vuole insegnare (il “cosa”)».

Il referente diocesano

Ne abbiamo parlato con lo psicologo e psicoterapeuta Antonio Francese che segue le questioni della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno.

La CEI ha chiesto la costituzione di servizi regionali e interdiocesani, nonché un referente diocesano. In Campania, a che punto è questo percorso?

La Campania è stata una delle prime regioni a muoversi secondo le indicazioni della CEI. Sono già stati svolti incontri come commissione regionale e sono state istituite delle equipe per ogni metropolia, con relativi centri d’ascolto; inoltre ogni diocesi campana ha il suo referente.

Il nostro territorio regionale si è ritrovato a fare i conti con questo dramma? Siamo una realtà che ha saputo e sa guardarsi allo specchio?

Sì, e devo dire che laddove è stata rilevata la problematica un intervento è stato subito posto in essere.

Il referente e, in generale, la comunità ecclesiale può essere anche punto di riferimento per l’ascolto e l’accoglienza di casi di abusi avvenuti fuori dal contesto ecclesiale?

Il referente non ha la possibilità di accogliere casi avvenuti fuori dal contesto ecclesiale. Egli è chiamato ad essere stretto collaboratore del Vescovo per quanto riguarda l’ascolto delle eventuali vittime, qualora richiesto dallo stesso. È chiamato anche a promuovere iniziative formative interne alla struttura ecclesiastica, per un approccio preventivo che miri alla tutela dei minori e delle persone fragili.

Ascolto e accompagnamento delle vittime, ma anche sensibilizzazione, formazione e prevenzione di fenomeni predatori. Sono gli aspetti che caratterizzano il referente. Qual è la sua esperienza?

Siamo in una fase, oserei dire, ancora embrionale. Sono state date indicazioni a chi, interno alla nostra Chiesa particolare, ha chiesto strumenti osservativi. La pandemia ha rallentato anche una serie di processi e progettualità, per una strutturazione più sistematica. In accordo col Vescovo, l’attenzione sarà mantenuta adeguata al livello di bisogno locale e di richieste particolari.

Un approccio esclusivamente psicologico può essere la risposta?

Non può esserlo nella misura in cui si dovesse entrare nel campo della giurisprudenza o della medicina. Difatti il referente ha facoltà di poter interagire con altri tecnici competenti in discipline utili alle finalità del servizio.

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