Annarita Maiorino, madre a tempo pieno

Un ritratto di Annarita Maiorino, salita al Padre lo scorso 10 novembre dopo aver dedicato gli ultimi 20 anni della sua vita all’accoglienza di bambini e mamme in difficoltà.
Angri, 7 gennaio 2007: inaugurazione dell’Oasi Emmanuel. Da sinistra: Annarita Maiorino, il dottor Giuseppe La Mura, sindaco di Angri, don Silvio Longobardi, Franco e Giovanna Novi con la figlia Mariapia.

Nata il 7 luglio del 1965, Annarita Maiorino matura la sua fede nella parrocchia sant’Antonio di Padova a Orta Loreto. Nel 2002 sceglie di amare e servire Dio accogliendo mamme, bambini, ragazzi e adolescenti. Va a vivere nell’oasi Maria, Madre della vita della Fraternità di Emmaus e dal 2007 nell’Oasi Emmanuel ad Angri, dove è rimasta fedele alla sua chiamata fino allo scorso 10 novembre, giorno in cui è salita al Padre.

Quando muore una persona cara, il dolore s’insinua in tutte le fibre del nostro essere e ci avvolge nella tristezza. La morte di Annarita Maiorino, invece, suscita in me un senso profondo di gratitudine, le lacrime dell’amore s’intrecciano al canto di lode. Il bene che ha seminato con straordinaria generosità – e senza mai suonare la tromba – è una voce che la morte non può soffocare. 

Ho conosciuto Annarita all’inizio del mio sacerdozio, quando ho cominciato il ministero parrocchiale a Orta Loreto, più di trent’anni fa. Faceva parte di quel primo gruppo di giovani che, accogliendo con docilità l’invito di Dio, ha posto le basi per un’esperienza ecclesiale che negli anni successivi ha assunto la forma di un Movimento ed ha ricevuto il riconoscimento canonico come Fraternità di Emmaus.

Annarita è sempre stata presente e attiva, sia pure con quella riservatezza che tanti hanno imparato a conoscere e ad apprezzare. Era sempre disponibile. Non è un modo di dire. In parrocchia, tra le altre cose, preparava i fanciulli alla Prima Eucaristia. Sapeva parlare con il cuore e mostrava il volto amorevole di Dio. “Non ho mai visto parlare una persona di Dio con la semplicità e la maternità con la quale lo faceva lei”, mi ha scritto una donna, sposa e madre, che negli anni della fanciullezza è stata accompagnata da Annarita all’incontro eucaristico. 

Nella prima metà degli anni Novanta eravamo molto impegnati sul fronte della vita nascente, i molteplici colloqui per la vita ci facevano conoscere tante situazioni familiari difficili, non era solo il disagio o il degrado sociale, talvolta eravamo di fronte ad un vero disastro sociale. Abbiamo cercato di non abbandonare nessuno, anche Annarita, insieme ad altri giovani della Fraternità, seguiva alcune famiglie e si recava nei quartieri più poveri delle nostre periferie. In alcuni casi c’era di che temere eppure non si è mai tirata indietro. La carità, prima di tutto. 

La scelta dell’Oasi

Impossibile raccontare i passaggi più importanti del suo cammino di fede. È inevitabile però segnalare la svolta decisiva. Annarita aveva scelto di non sposarsi ma nello stesso tempo non si sentiva chiamata alla vita consacrata. Constatando che era sempre attenta ai bisogni degli altri e sempre disponibile, vent’anni fa le ho chiesto se voleva fare la scelta dell’Oasi, vivere cioè in una casa che faceva della scomoda carità la sua regola.

Ha accolto con gioia la mia proposta ed ha risposto con una docilità davvero sorprendente. Si è fidata, ha lasciato tutto, senza più voltarsi indietro, proprio come chiede Gesù: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62). Il 6 gennaio 2002 ha lasciato la casa materna per trasferirsi nell’Oasi Maria, Madre della vita, una delle nostre case di accoglienza.

Da quel giorno ha fatto della sua vita un dono. Nel 2007 si è trasferita all’Oasi Emmanuel, ad Angri, dove è rimasta fino alla fine dei suoi giorni, vent’anni intessuti di carità. In un periodo così lungo non sono mancati momenti difficili ma è sempre rimasta fedele alla sua vocazione, sapeva che le scelte di Dio, quelle cioè che vengono da Dio, non si devono toccare. 

Fame di amore 

Vivere l’Oasi non è solo un ministero impegnativo ma una vera e propria vocazione ecclesiale che ha permesso ad Annarita di scoprire e manifestare tutte le ricchezze di quella maternità che portava nel cuore. Aveva scelto di amare e servire Dio accogliendo i più piccoli e prendendosi cura di loro. Lei sapeva che l’uomo non ha bisogno solo di pane ma anche e soprattutto di amore, ha bisogno di sentirsi amato, di “essere qualcuno per qualcuno”, come diceva Madre Teresa. 

Chi è impegnato a fare il bene non ha tempo di fare la lista del bene seminato ma, dinanzi alla morte, sentiamo il bisogno di ripensare alla storia di carità vissuta da Annarita. L’elenco delle persone che hanno trovato accoglienza è particolarmente lungo: Gessica e Giovanni, Sara, Davide e Stefania, Silvana, Valentina e Paolo… sono i primi; e poi ancora Chiara, Sofia e tanti altri, fino a Denisa… Più di 60 persone, alcune mamme e tanti bambini, ragazzi e adolescenti. Una storia grande quanto il suo cuore. Ogni nome porta con sé una situazione problematica. E quasi sempre una vicenda in cui la sofferenza aveva un ruolo non marginale. 

Annarita ha vissuto una vera maternità. Madre a tempo pieno, madre per sempre. Non importa se restano con noi tre mesi o tre anni, quelli che vengono accolti nelle nostre Oasi sono i figli della Provvidenza. Le mamme non dimenticano i figli. L’ultima telefonata, poche ore prima di morire, quando stava in ospedale in condizione piuttosto gravi, l’ha fatta per sapere come stava Denisa, la ragazzina che da sei anni stava con lei e aveva trovato in lei una vera mamma. 

Annarita ha vissuto con quella totalità che appartiene ai veri credenti, ha dato “tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,44), come la vedova del Vangelo. La sua memoria oggi risplende come una benedizione per quanti hanno bisogno di scoprire la via che conduce alla Vita. 

Silvio Longobardi

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