Tutti possono e dovrebbero realizzare il presepe a casa, simbolo principale del Natale, nella maniera più idonea a gusti, spazi e capacità.
Nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie in Roccapiemonte da sempre si allestisce un presepe originale, differente dalla tradizione napoletana usuale.
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L’idea nasce dal desiderio di mostrare il Mistero dell’incarnazione sempre più concreto e contestualizzato nel nostro tempo suscitando stupore e riflessioni. La pandemia da COVID-19, che ha fatto capolino nel mondo alla fine del 2019, ha perversato per tutto il 2020 ha dato false speranze circa la sua fine. Tale insostenibile situazione spinge gli uomini a desiderare la pace, conquista affidata alla “buona volontà” di tutti, ma anzitutto dono natalizio da chiedere al Signore.
Il presepe
Il presepe profetico-messianico mette in scena gran parte di quegli oracoli che per secoli hanno tenuto viva l’attesa del Messia in Israele e, in un certo senso, nel mondo intero (vedi l’episodio dei Magi in Mt 2, 1-12).
La figura del Messia è stata “vista” dai profeti attraverso le nebbie del tempo, e di conseguenza descritta, in maniera diversa di volta in volta a secondo delle situazioni storiche che il popolo di Israele ha attraversato e vissuto.
Durante il primo periodo della monarchia (Davide, Salomone, ecc.: secoli X-VIII) il Cristo atteso aveva le caratteristiche regali (Condottiero Vittorioso e Giudice Giusto del discendente di Davide, un “virgulto” nuovo spuntato sul tronco della famiglia di Jesse (padre di Davide) o “germoglio” che spunta dalle sue radici: ristabilirà la pace di cui gli uomini godevano in Paradiso (simboleggiata dalla spada trasformata in vomere, dalla lancia trasformata in falce e dell’armonia tra gli animali domestici e quelli feroci come pure dalla mancanza di ogni paura da parte di bimbi e lattanti nei confronti dei serpenti velenosi. b) Durante il periodo dell’esilio babilonese (sec VI ) dovuto all’incuranza da parte delle guide di Israele verso le proprie responsabilità, oltre al peccato di idolatria, il Messia atteso prese i connotati di re-pastore che finalmente avrebbe assolto bene ai suoi compiti assicurando prosperità e pace alle sue pecore (cf, ad esempio, il cap. 34 di Ezechiele).
Durante il periodo successivo all’esilio babilonese, tempo di ricostituzione del popolo ebraico dal punto di vista politico, sociale e religioso, ma anche tempo di nuove minacce straniere all’integrità o alla esistenza di Israele e tempo di nuove tentazioni idolatriche per il diluirsi del popolo eletto dentro i popoli vicini, si cominciò a sognare un Messia diverso: umile e mite (cf i quattro “canti del servo del Signore” scritti dal Secondo Isaia: cc. 40-55) che tuttavia avrebbe portato con determinazione la parola divina di salvezza al popolo, totalmente obbediente a Dio, a rischio della sua stessa vita.
L’intero presepe è stato allestito basandosi quasi interamente sulla descrizione del cap. 11 di Isaia. La figura del Bambino-Cristo è in primo piano coi segni distintivi del suo messianismo: è re, ma non di questo mondo perciò la corona regale non è sul suo capo ma deposta a terra; è discendente di Davide figlio di Iesse, perciò dietro alla sua statuina c’è un tronco da cui spunta un germoglio; è re-pastore, perciò è circondato da pecore; infine è il profeta coraggioso e Servo del Signore sofferente, perciò è rappresentato già sulla croce. Su di Lui riposa lo Spirito Santo con i suoi doni.
Ai piedi del colle dove sta il Cristo, si trova in ginocchio adorante la Vergine, la figlia di Sion, coronata di 12 stelle quale membro eletto del popolo dell’antico Israele.
Il monte su cui risiede il Messia, “tempio del Signore” sarà il più alto dei colli, come ricorda il profeta Michea (4, 17), un testo per certi aspetti paralleli al cap. 2 di Isaia, perché descrive un po’, come quest’ultimo, i tempi di pace paradisiaca che verranno sulla terra insieme al Messia: allora gli uomini forgeranno le spade in vomeri e le lance in falci perché non faranno più guerre e siederanno ognuno tranquillo sotto la vite (qui sostituita a scopo simbolico con l’olivo) e sotto il fico, e più nessuno li spaventerà.
L’arcobaleno, simbolo biblico di alleanza e di riconciliazione tra Dio e gli uomini (cf Gen 9, 11-17), forma con queste scene descritte in primo piano una cornice che racchiude le scene della pace messianica universale collocate sullo sfondo e suggerite dal cap. 11 di Isaia.
Saranno tempi in cui gli animali selvatici e predatori non aggrediranno quelli domestici, ma tutti vivranno e pascoleranno tranquillamente insieme: il lupo e l’agnello, il leone e il vitello condotti al pascolo da un fanciullo, il leopardo e il capretto; la mucca e l’orsa con i loro cuccioli; in questo clima il fanciullo di divertirà con l’aspide e il lattante metterà tranquillo la mano nel covo dei serpenti velenosi senza riportarne alcun danno. Infine il sole che splende nella notte tra le nubi e presso l’arcobaleno richiama il cap. 9 di Isaia (v. 1) che si legge nella notte di Natale: “il popolo camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, su coloro che si trovano in terra tenebrosa una luce rifulse”.
di don Carmine Citarella