Le celebrazioni rappresentano sempre un momento di riflessione collettiva e, a cento anni dalla nascita di Mario Lodi, insegnante, scrittore, ricercatore, il mondo della scuola si interroga sul cammino percorso.
Mario Lodi è stato uno dei maestri elementari che ha contribuito alla trasformazione in senso democratico dell’istruzione scolastica all’indomani del secondo conflitto mondiale. Agli albori della Repubblica italiana, la giovane Costituzione orientava la scuola ai principi della libertà, della democrazia e della partecipazione.
Tuttavia troppo verticistico ed autoritario appariva ancora il sistema: queste le riflessioni al centro dell’opera del Movimento di Cooperazione Educativa che, sorto nel 1951, a Fano, recepiva le istanze dell’attivismo pedagogico di Célestin Freinet.
Mario Lodi ne è stato uno dei maggiori interpreti. Il doposcuola, il teatro, il disegno, il canto, la musica, un giornale aperto a tutti, il dialogo e il laboratorio attivo e operativo furono, in quegli anni, strumenti di significativa innovazione didattica, anticipatrice dei tempi moderni. Oggi, soprattutto nella scuola primaria, non si prescinde da quelle attività che, come vera arte maieutica, spingono il bambino ad esprimere la propria personalità per acquisire, poi, conoscenze e competenze.
Fine narratore, Mario Lodi sperimentò la scrittura collettiva trasformando i giovanissimi allievi in “autori”, stimolandone, così, la creatività e potenziandone le competenze linguistiche e di ascolto. «Tutti sono diversi: ognuno deve sviluppare al massimo le sue capacità», pensava Mario Lodi. Su questo principio si basa la scuola dell’inclusione.
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