In seminario spesso i formatori ci ripetevano un’espressione di san Giovanni Paolo II: «Questo è un bel tempo per essere preti». Credo che siano sempre più veritiere queste parole, specialmente ora, in un periodo caratterizzato certamente da mille sfide ma illuminato da tanti testimoni.
Tra questi ci sono i continui stimoli che papa Francesco ci offre spronandoci ad essere evangelizzati ed evangelizzatori gioiosi; i lavori del Simposio internazionale “Per una teologia fondamentale del sacerdozio” che lo scorso 17 febbraio il Papa ha aperto; la sinergia del Sinodo con le sue novità per una Chiesa sempre più prossima; la tenerissima fede profumata già di Paradiso di Benedetto XVI. Questi e tanti altri elementi rendono vivace la nostra Chiesa e coraggiose le scelte di tanti cristiani che si domandano: «Ed io? Cosa devo fare?».
È la domanda del famoso giovane ricco del Vangelo. Lui però commise un errore. Sin dalla giovinezza aveva badato solo a tutti i comandamenti che riguardavano gli uomini: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». Perché non avanzare? Non osare qualcosa in più?
Ecco il fulcro di ogni attività pastorale e, particolarmente, di quella vocazionale: mirare a Cristo e sentirsi amati, perdonati, guariti perché chiamati per nome. «Guardate a Lui e sarete raggiante», Sal 34,6.
Da inizio anno le attività del Centro diocesano vocazionale mirano all’essenziale: porre Gesù al centro.
La proposta per i sacerdoti di offrire una Messa mensile per le vocazioni e i momenti di preghiera che ogni mese si vivono nelle foranie permettono a tutti di mettersi alla scuola del Maestro e, pregando per nuovi e santi sacerdoti, conoscere più da vicino le singole immagini dei 12 discepoli. Il Signore benedica i nostri propositi e ci incoraggi.
Giuseppe Villani