Il dolore di una sicurezza negata

Il danno più grave della guerra è la perdita della percezione di sicurezza. Ecco perché l’accoglienza dei profughi ucraini richiede interventi mirati per aiutarli a gestire i sintomi legati alla sindrome post traumatica da stress.

La guerra in Ucraina arriva in un momento storico molto particolare che ha visto, negli ultimi due anni, le Nazioni impegnate nel fronteggiare la Pandemia da Coronavirus. Una lotta condotta con diverse modalità che hanno marcato ancor di più le differenze tra paesi ricchi, che hanno provveduto a vaccinare la propria popolazione, e paesi poveri che hanno fronteggiato l’emergenza alla meno peggio. Con la guerra si è aggiunto il dover soccorrere flotte di disperati.

Questa duplice emergenza ha reso ancora più complicato e straziante la gestione dell’inarrestabile ondata di dolore e terrore dei rifugiati ucraini. Oggi sappiamo bene cosa voglia dire guerra osservando i danni riportati nei reduci dei conflitti mondiali. Il più grave è la perdita della percezione di sicurezza: in qualsiasi istante la loro vita era minacciata da un “nemico” che aveva l’intento di uccidere e distruggere.

Questa perdita della percezione di sicurezza sta colpendo soprattutto i giovani.

L’enorme trauma psicologico a cui sono esposti i civili, e tra essi i più giovani, porterà a sviluppare disturbi mentali a lungo termine come ansia, depressione, disturbi di personalità, disturbi dissociativi e disturbi post-traumatici da stress, che potrebbero durare per diverse generazioni.

Secondo la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dovremmo aspettarci nei profughi ucraini il seguente scenario: “Per cominciare, ha un effetto straziante su madri in gravidanza. Aumenta la nascita prematura e la mortalità infantile. I bambini più grandi mostrano livelli aumentati di ansia e depressione e circa il 30-40% sviluppa disturbi post traumatici da stress. Tutto ciò porta a una salute mentale e fisica peggiore fino all’età adulta, un trauma che si protrarrà per le seguenti 3 generazioni”.

Questo quadro dovrà esserci d’aiuto per comprendere la reale portata di tale tragedia, affinché si possa gestire l’accoglienza consapevoli di quanto sia fragile e vulnerabile il loro materiale umano, strutturando interventi mirati per aiutarli a gestire sin da subito i sintomi legati alla sindrome post traumatica da stress.

Che possa essere attivata una rete funzionale d’aiuto concreta, che non si basi solo sull’emotività del momento ma sia costante nel tempo per ristabilire in queste persone una nuova percezione di sicurezza.

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