«Auguro a mamma di essere sempre coraggiosa così come adesso»: sono le parole che Olia, 16 anni, rivolge alla madre Oxana, 36 anni. Insieme alla sorellina Milan di 4 anni sono scappate da Kiev. Fanno parte del gruppo di rifugiati ucraini accolti da inizio marzo a Casa Betania, struttura gestita dalla Caritas diocesana alla frazione Codola di Roccapiemonte.
Tra i rifugiati c’è anche Arina, ha 14 anni. Lei spera che la «Mamma possa essere più tranquilla e non così preoccupata e nervosa come nell’ultimo periodo». Soprattutto si augura che «stia sempre bene». Non ci sono, dunque, regali materiali nei desideri di queste bambine costrette a crescere troppo in fretta a causa del conflitto scatenato dalla Russia. «Se fossimo state a casa – continua Olia – sicuramente le avrei fatto un regalo materiale. Ora io e Milan non possiamo fare altro che regalarle un bacio e un abbraccio di conforto; sperare che possa avere il tempo per occuparsi un po’ più di sé stessa».
Auspici che le mamme accolgono con emozione. Sanno bene la sofferenza che alberga nel cuore dei loro figli, nonostante loro provino a nasconderla. Sia Olia che Arina, per esempio, dicono di trovarsi bene a Roccapiemonte. «Mi piace molto stare qui. È molto bello. Siamo state accolte magnificamente», dice Olia. «Anche a me piace molto. Abbiamo fatto delle escursioni. Siamo stati agli scavi di Pompei, al mare», continua Arina. E poi elogiano i social network, che consente loro di mantenere i contatti con gli amici. «Utilizziamo tutti i tipi di social network come Instagram, WhatsApp, Telegram, Viber, che ci consentono di mantenere i contatti con i nostri amici», rivela la 16enne. I loro gruppi sono stati smembrati, nessuno degli amici è sullo stesso territorio. C’è solo la possibilità di rinsaldare rapporti con qualche familiare. A Casa Betania, infatti, ci sono dei nuclei collegati da rapporti di amicizia e parentela.
Alle mamme il compito di unire e tenere su il morale dei figli, nonostante non manchino le difficoltà. Oxana è scappata a malincuore, perché non voleva lasciare i suoi genitori anziani da soli a Kiev, anche perché la madre è non vedente. Sono arrivate al confine polacco e poi sono state portate a Venezia, infine, si sono aggregate al gruppo di casa Betania perché era ospitata un’altra signora, Masha, che è la madrina di Olia.
«Fare la mamma in tempi di guerra è molto difficile soprattutto perché non riusciamo a spiegare ai ragazzi, ai bambini cosa sta accadendo. In particolare portarli e farli adattare in un altro Paese, nonostante ci sia stata un’ottima accoglienza. Abbiamo trovato persone oneste e di cuore», afferma Oxana. La giovane donna evidenzia un particolare non secondario: «Qui siamo tranquilli perché non ci sono bombardamenti e sirene, i bambini possono riposare tranquillamente di notte».
La possibilità di riposare che rischia di essere turbata quando per esempio si esplodono fuochi d’artificio, consuetudine frequente nelle nostre zone, o sfrecciano le ambulanze. Ma che può essere inficiata anche dallo scoppio di un innocuo palloncino. È capitato ad un bambino accolto a Casa Betania che durante un momento di festa organizzato per farli stare meglio è stato preso da una crisi di pianto interminabile.
Maria è un’altra delle mamme accolte a Casa Betania, ha 38 anni, ed è scappata con i due figli, una di 17 anni e uno di 6 anni. Sono fuggiti da Kiev il 24 febbraio. Dopo essere rimasti in Polonia per una settimana, il 9 marzo sono arrivati a Casa Betania. «Ho cominciato a pensare di scappare – racconta – dopo che il 23 febbraio ho ricevuto una telefonata da una mia amica, il cui marito è nell’esercito ucraino. Mi ha detto che stava per iniziare la guerra. Poi la mattina del 24 febbraio ho sentito il rumore di un missile sfrecciare sulla nostra casa. Ci siamo sdraiati a terra per paura di essere colpiti. Non ci abbiamo pensato su due volte. Siamo scappati immediatamente».
Maria ha lasciato il marito in Ucraina, è nelle forze di resistenza del Paese. È stata la cosa più difficile da fare. I figli, invece, all’inizio non avevano compreso la reale gravità del momento: «Quando gli ho detto che dovevamo scappare erano anche contenti, perché credevano di fuggire solo per un poco di tempo e, quindi, avevano la possibilità di mettersi in salvo». Sono passati già due mesi ed ora la situazione è più complicata, la nostalgia di casa è fortissima e le notizie non sono rincuoranti.
Le due mamme sono però impegnate a garantire la massima serenità e normalità, in un contesto per nulla sereno e normale, ai loro figli. Il loro auspicio per la festa della mamma è lo stesso. «Mi auguro che questa situazione finisca presto e che non si ripeta. Vorrei tornare in Italia come ospite, per le vacanze e non starci come rifugiata», dice Maria. «Speriamo che tutto finisca presto, vada bene e si possa ritornare nelle nostre case in Ucraina», si augura Oxana con lo sguardo di chi sa che la strada è ancora in salita.