Francesco: “Non dimentichiamo il popolo dell’Ucraina”

Il Santo Padre ha salutato un gruppo di rifugiati ucraini accolti in Diocesi, accompagnati a Roma da fra Salvatore Manzo
Papa Francesco saluta dei rifugiati ucraini accolti ad Angri (Foto Vatican Media/SIR)

“Per favore, non dimentichiamo il popolo martoriato dell’Ucraina in guerra. Non abituiamoci a vivere come se la guerra fosse una cosa lontana. Il nostro ricordo, il nostro affetto, la nostra preghiera e il nostro aiuto siano sempre vicino a questo popolo che soffre tanto e che sta portando avanti un vero martirio”.

È l’ennesimo appello con cui il Papa ha concluso l’udienza di oggi, salutando i fedeli di lingua italiana. Nella catechesi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata al “semplice e toccante racconto” della guarigione della suocera di Pietro, Francesco ha fatto riferimento alla sua condizione attuale: “Da vecchi non possiamo fare lo stesso di ciò che facevamo da giovani: il corpo ha un altro ritmo, e dobbiamo ascoltare il corpo e accettare dei limiti. Tutti ne abbiamo. Anche io devo andare con il bastone, adesso”.

“Da vecchi non si comanda più il proprio corpo”, ha esordito il Papa: “Bisogna imparare a scegliere cosa fare e cosa non fare”. “Il vigore del fisico viene meno e ci abbandona, anche se il nostro cuore non smette di desiderare”, ha osservato: “Bisogna allora imparare a purificare il desiderio: avere pazienza, scegliere cosa domandare al corpo, alla vita”. Sull’anziano, infatti, “la malattia pesa in modo diverso e nuovo rispetto a quando si è giovani o adulti”: ”È come un colpo duro che si abbatte su un tempo già difficile. La malattia del vecchio sembra affrettare la morte e comunque diminuire quel tempo da vivere che già consideriamo ormai breve. Insinua il dubbio che non ci riprenderemo, che ‘questa volta sarà l’ultima che mi ammalo…’. Non si riesce a sognare la speranza in un futuro che appare ormai inesistente”. Poi la citazione di Italo Calvino, che “notava l’amarezza dei vecchi che soffrono il perdersi delle cose d’una volta, più di quanto non godano il sopravvenire delle nuove”.

Papa Francesco all’udienza generale in piazza San Pietro – foto Vatican Media/Sir

 “È la comunità cristiana che deve prendersi cura degli anziani: parenti e amici, ma la comunità”, l’esortazione: “La visita agli anziani va fatta da tanti, assieme e spesso”, ha raccomandato Francesco: “Non dobbiamo mai dimenticare queste righe del Vangelo. Oggi, soprattutto, che il numero degli anziani è notevolmente cresciuto, anche in proporzione ai giovani, perché questo inverno demografico non fa figli, e sono tanti gli anziani e pochi i giovani”.

“Dobbiamo sentire la responsabilità di visitare gli anziani che spesso sono soli e presentarli al Signore con la nostra preghiera”, ha ripetuto il Papa, secondo il quale “una società è veramente accogliente nei confronti della vita quando riconosce che essa è preziosa anche nell’anzianità, nella disabilità, nella malattia grave e quando si sta spegnendo. La vita sempre è preziosa”.

“Questa cultura dello scarto sembra cancellare gli anziani: non li uccide, ma socialmente li cancella, come se fossero un peso da portare avanti, ‘è meglio nasconderli’”, la denuncia a braccio a proposito di un tema ricorrente nelle catechesi sulla vecchiaia: “Questo è tradimento alla propria umanità, è la cosa più brutta, è selezionare la vita secondo l’utilità, secondo la giovinezza, e non la vita come è, con la saggezza dei vecchi, con i limiti dei vecchi”, il monito ancora fuori testo: “I vecchi hanno tanto da darci, c’è la saggezza della vecchiaia, hanno tanto da insegnarci. Il dialogo tra i giovani, i bambini e i nonni è fondamentale, per la società, per la Chiesa, per la vita. Dove non c’è dialogo tra vecchi e giovani manca qualcosa, cresce una società senza dialogo, cioè senza radici”.

“Anche da anziani si può, anzi, si deve servire la comunità”, ha assicurato Francesco: “È bene che gli anziani coltivino ancora la responsabilità di servire, vincendo la tentazione di mettersi da parte. “Se gli anziani, invece di essere scartati e congedati dalla scena degli eventi che segnano la vita della comunità, fossero messi al centro dell’attenzione collettiva, sarebbero incoraggiati ad esercitare il prezioso ministero della gratitudine nei confronti di Dio, che non dimentica nessuno”, la tesi del Papa, che al termine della catechesi ha pronunciato un “no” alla “grammatica dell’uomo padrone e della donna serva”: “lo spirito dell’intercessione e del servizio, che Gesù prescrive a tutti i suoi discepoli, non è semplicemente una faccenda di donne: non c’è ombra di questa limitazione, nelle parole e nei gesti di Gesù”.

“Questo tuttavia – ha precisato Francesco – non toglie che le donne, sulla gratitudine e sulla tenerezza della fede, possano insegnare agli uomini cose che questi fanno più fatica a comprendere”. “Per favore, cerchiamo che i vecchi, che i nonni, le nonne, siano vicini ai bambini, ai giovani, per trasmettere questa memoria della vita, questa esperienza della vita, questa saggezza della vita”, l’appello finale a braccio: “Nella misura in cui noi facciamo in modo che giovani e vecchi si colleghino, in questa misura ci sarà più speranza per la nostra società”.

M.Michela Nicolais/Sir

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