Continuiamo il discorso sulla verità cominciato lo scorso mese. L’uomo vale per quello che è nell’interiorità del suo cuore e nella qualità del suo amore: “ogni uomo è ciò che ama” afferma Agostino. E la verità non è nell’esteriorità che il linguaggio definisce ma va ricercata in quel movimento originario di relazione che rende l’uomo testimone credibile.
La verità è la vita dell’uomo, è l’orizzonte unico, intramontabile, il senso della sua esistenza, la sola ragione di vita. Per tutta la vita proviamo ad inseguire la verità, a possederla, a catturarla, e quando ci sembra di averla raggiunta, ci accorgiamo dell’illusione e ricominciamo da capo, ostinati.
Come è avvenuto per sant’Agostino, constatiamo di aver indirizzato male la nostra ricerca: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace».
Ogni giorno, quando compiamo una scelta, siamo sulla soglia del precipizio, possiamo assecondare la mente che genera dubbi e assumere decisioni sbagliate.
Pilato lascia che la decisione venga presa da qualcun altro: l’uomo della folla che non ha un nome, un volto, preferisce nascondersi in un grido di vendetta, una parola: crocifiggilo.
La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono… Ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità; ogni morte violenta ci “diminuisce” come persone… (FT 227).
Quando l’uomo con la sua ragione, sulla soglia del precipizio, si lascia catturare dai condizionamenti esteriori, il dubbio genera una presenza che è assenza, una ferita aperta, un’emorragia che non si ferma, la sua riconciliazione è fattibile solo nel salto mortale, nel vuoto il cui fondo ha come certezza il Bene. Così l’esistenza passa dall’assenza alla presenza, una lotta il cui riconoscimento è concesso da una verità schernita e non-riconosciuta, ma sempre da riconoscere. “Tu che mi hai dato di trovarti, donami ancora il coraggio di cercarti e di sperare di trovarti sempre di più” (S. Agostino, De Trinitate, XV).
L’uomo di oggi, frastornato da tante cose, alienato da se stesso, fatica a cercare la sua vera identità. Solo quando ritrova la pace, supera il conflitto, riacquista l’umanità perduta e consegue la felicità.
padre Giovanni Caruso