“Come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che «soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi». Perché «la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità” (FT 272).
Constatiamo che la sola ragione, che subordina il molteplice all’unità, riconducendo l’oggettività e la realtà alla soggettività, impedisce un’apertura alla fraternità universale. Per superare questa condizione è necessario instaurare una relazione che confermi dualità e pluralismo, lontana da logiche di potere e di dominio, che fissino lo sguardo solo sulle pretese del proprio io.
Un pieno e sincero processo di relazione avviene mediante la compassione, l’accoglienza reciproca, un movimento universale che libera da ogni forma di chiusura e riconosce la paternità come un vento che si diffonde senza confini, un oceano impossibile da cristallizzare, un fuoco che alimenta e trasforma, un cuore che brucia per amore, una irradiazione che consente di essere confermato nella sua unicità e insostituibilità.
“Va riconosciuto come «tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti». Non è accettabile che nel dibattito pubblico abbiano voce soltanto i potenti e gli scienziati. Dev’esserci uno spazio per la riflessione che procede da uno sfondo religioso che raccoglie secoli di esperienza e di sapienza…” (FT 275).
Bisogna purificare l’uomo di ogni tempo, con i suoi ritmi competitivi, che procede per sottrazione ed eliminazione dell’umano, propenso a catapultare il proprio simile, il fratello, in una catena di montaggio, facilmente sostituibile, destinandolo a essere per sempre un uomo senza volto e senza identità, un numero da scalare in alto o in basso, vertiginosamente, a seconda dei valori mondani e materiali di questo mondo.
Quando la vita di ogni uomo è considerata esclusivamente in una logica di economia di mercato, contrassegnata da una esasperata competitività, pesa come un macigno sospeso sulla nostra coscienza l’incenerimento dell’etica per favorire l’economia.