Si conclude oggi ad Assisi il programma di eventi e cerimonie organizzate in occasione del secondo anniversario della beatificazione di Carlo Acutis, morto a soli 15 anni per una leucemia fulminante, del quale oggi ricorre la memoria liturgica.
Nell’ambito delle celebrazioni, è stata inaugurata nei giorni scorsi ad Assisi la mensa che porta il nome del giovane beato. La nuova mensa è allestita nel centro storico di Assisi (vicolo Frondini, 4) ed è gestita in diretta sinergia con la struttura di accoglienza ‘Casa Papa Francesco’ di Santa Maria degli Angeli.
L’inaugurazione dei locali è inserita nel quadro delle iniziative organizzate dalla Fondazione Santuario della Spogliazione.
La mensa potrà accogliere una trentina di persone, tra bisognosi e pellegrini che cercano un punto di appoggio per consumare il pasto, e sarà aperta solo a pranzo.
A svelare l’insegna della mensa sono stati i genitori del giovane beato, Antonia Salzano e Andrea Acutis.
Come ha accolto la notizia della prossima beatificazione di Carlo?
«È stata una grande gioia per noi e per tutti i devoti di Carlo. Negli anni abbiamo raccolto tante testimonianze di grazie. Ora la Chiesa ha accertato un miracolo che porterà Carlo agli onori degli altari».
Cosa si prova ad essere genitori di un beato?
«È sicuramente una grande grazia, un privilegio di cui non ci sentiamo degni. Siamo felici di aver avuto questo figlio speciale, che per me è stato un piccolo “salvatore”, mi ha aiutato a riavvicinarmi alla fede. Carlo diceva che c’è un progetto unico e irripetibile per ognuno. Figure come la sua ci devono rafforzare nella fede e aiutarci a intraprendere la strada giusta, perché tutti chiamati alla santità».
Quando il suo attaccamento a Gesù e Maria è stato evidente, ricorda un momento particolare?
«Lo ha dimostrato sin dai 3 anni e mezzo. Voleva entrare in chiesa per salutare Gesù eucaristia, portare un fiore alla Madonnina. A sette anni e mezzo ha ricevuto la Prima Comunione e da allora è sempre andato a Messa. Si nutriva con le letture della vita dei santi. È stato catechista a 11 anni e questo lo ha portato ad approfondire il catechismo, la teologia, la spiritualità. È sempre stato motivato a trasmettere la fede, da qui che nasce la mostra sui miracoli eucaristici. Nel suo piccolo, ha cercato di trasmettere il suo profondo zelo e amore per Gesù nonostante la sua sia stata una breve esistenza. Raccogliamo però ancora tanti frutti: ci scrivono di numerose conversioni, grazie e miracoli. Soprattutto aiuta tanti giovani ed educatori nel loro cammino. La perdita di Carlo è stata un dolore enorme, era figlio unico, gli altri due li ho avuti dopo la sua morte. Tuttavia, vedere come la sua testimonianza aiuta tanti altri giovani a progredire nella fede e nella vita è stato un motivo di grandissima consolazione e lo sprone ad andare avanti».