“Io accolgo te, come mio sposo. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. È la promessa che tutte le coppie si scambiano nel giorno in cui nasce una nuova famiglia. Sono le parole che con tanta emozione anche Sabrina Vastola e Gaetano Donnarumma, due giovani di Poggiomarino, hanno pronunciato lo scorso 28 luglio, dopo 14 anni di fidanzamento.
Certo, quel giorno si è portati a credere, con una buona probabilità statistica, che la felicità farà parte della prima parte della vita matrimoniale mentre il dolore, invece, arriverà solo più avanti, con il passare degli anni e il sopraggiungere di qualche acciacco. Lo pensavano anche Sabrina e Gaetano che dopo la celebrazione delle nozze sono partiti per un lungo e bellissimo viaggio di nozze in America. Senza sapere che quella promessa, accogliersi e amarsi anche nel dolore e nella prova, li attendeva al varco.
Gli anni di fidanzamento. «Siamo sempre stati una coppia solida – racconta Sabrina –, ci siamo sempre voluti bene e abbiamo cercato di capirci. Per me il dialogo è fondamentale. Se c’è un problema, lo si affronta, spalla a spalla. È inutile mettere il muso, non si risolve nulla». Gaetano ha perso il papà quando aveva appena 17 anni. Un dolore affrontato insieme alla mamma Maria e alle quattro sorelle, Antonella, Teresa, Loredana e Francesca. Una perdita che lo ha segnato molto e che ha reso, per certi versi, il legame con Sabrina ancora più profondo. Insieme si sono creati un futuro lavorativo, aprendo nel 2013 un’agenzia di assicurazioni a San Marzano sul Sarno mentre Gaetano si occupa anche della vendita di auto usate e, quando può, dà anche una mano nell’impresa edile del papà di Sabrina. Insieme stavano costruendo la casa per mettere su la loro famiglia.
È stata Sabrina, ad un certo punto, a voler accelerare i tempi. Gaetano avrebbe voluto aspettare la conclusione dei lavori della loro abitazione. «Ma se aspetto la casa quando mi sposo?». Emerge il pragmatismo della ragazza che, incassato il sì di Gaetano, decide subito anche la data: luglio 2022. Cominciano a frequentare con un po’ di anticipo uno dei due corsi di preparazione al matrimonio organizzati dalla parrocchia Sant’Antonio di Padova a Poggiomarino. A seguire i fidanzati sono Aniello Lettieri e sua moglie Nunzia Miranda. La partecipazione dei giovani è attiva, sono sempre presenti agli incontri e riescono a costruire forti legami di amicizia con le altre coppie. Un’esperienza intensa che li aiuta ad arrivare preparati al 28 luglio, giorno in cui, pieni di gioia, si promettono amore eterno e partono felici per il viaggio di nozze, un mese in America e tante città visitate.
La crepa. In quei giorni spensierati tantissime foto li ritraggono felici e sorridenti. Eppure, mentre sono avvolti da tanta felicità, nelle loro vite di giovani sposi inizia ad aprirsi una crepa dalla quale entrerà la prova. Nel volo che da Santo Domingo li riporta a Madrid, e da Madrid a Napoli, Gaetano ha qualche fastidio unito a un episodio di vertigini. «La domenica pranziamo con tutta la famiglia – ricorda Gaetano –, bevo anche un bicchiere di vino e le vertigini si ripresentano». Ma il giovane non dà loro peso.
Il lunedì mattina Sabrina riapre l’agenzia, ma quel pomeriggio a Gaetano gira la testa, preferisce stendersi a letto per trovare un po’ di sollievo. Dopo essere stati alla guardia medica, decidono di andare al pronto soccorso.
Sabrina lo accompagna durante la pausa pranzo. Per strada si ricordano che Aniello lavora in ospedale e lo avvertono. I medici fanno i primi controlli ed eseguono anche una Tac. Poi ne fanno un’altra con il mezzo di contrasto. E qui la crepa mostra la sua profonda ferita: Gaetano viene ricoverato d’urgenza per un aneurisma cerebrale. A 38 anni, appena rientrato dal viaggio di nozze. E la promessa “nella gioia e nel dolore” diviene di colpo vita concreta con cui fare i conti.
La sofferenza è terribile. Gaetano è passato da un ballo a Santo Domingo al ricovero nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. Sabrina, a causa delle restrizioni ancora in vigore per la pandemia, non può stargli accanto. È a lei e alla mamma di Gaetano, la signora Maria, che i medici raccontano la dura e nuda realtà. Senza sconti. E Sabrina deve essere forte per lei e per Gaetano a cui filtra le informazioni per non farlo cadere nel baratro dello sconforto.
Sono notti in cui non si dorme. Dall’angio Tac merge che bisogna procedere con un intervento chirurgico. È il primario a spiegare a Sabrina e alla suocera le modalità dell’intervento. La durezza di quel colloquio la comprendo dai suoi occhi velati di lacrime. «È stata una violenza psicologica terribile» dice. Gaetano intanto piange, è costretto a passare le giornate a letto, senza potersi neppure sedere, riconosce di avere paura, dice di non volersi operare.
L’intervento programmato salta per motivi organizzativi. Ma tutto è Provvidenza, perché i due giovani, sostenuti dalle famiglie e dai tanti amici, recuperano un po’ di lucidità e scelgono di chiedere un altro consulto. Gaetano firma le dimissioni volontarie e torna a casa. Provano prima con il Gemelli a Roma, ma non c’è posto e così si rivolgono all’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Isernia. Dopo qualche giorno Gaetano viene visitato. Qui le parole sono rivestite di speranza. «Ci dicono che l’intervento va fatto, certo ci sono dei rischi, ma è più pericoloso non farlo. Ne uscirà bene. Non ci nascondono neppure quel 3 per cento di probabilità che possa morire o rimanere invalido».
Gaetano è coccolato da tutto il personale e, circondato dall’affetto della famiglia, affronta con il giusto spirito il delicato intervento.
Sotto la protezione del papà. E qui accade una cosa strana, capitata altre volte nella vita di Gaetano. Nella videochiamata prima dell’intervento, di fronte alle sue comprensibili lacrime, la sorella Teresa gli dice: «Anche se adesso chiudiamo la telefonata, tu non sei mai da solo. Papà è con te». Mentre è sulla barella, pronto per entrare in sala operatoria, l’anestesista controlla la cartella clinica e gli dice: «Gennaro, adesso tocca a te. Stai tranquillo, andrà tutto bene». Gennaro è il nome di suo padre. Era già successo in passato, anche quando era andato a scegliere l’abito da sposo e il commesso gli aveva detto: «Gennaro, hai visto come ti sta bene questo vestito?».
Quel papà perso dolorosamente la sera dell’ultimo dell’anno non lo ha mai abbandonato. Del resto, il giorno in cui fa il tampone prima del ricovero è il 19 settembre, giorno in cui si ripete il miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro.
Appena terminato l’intervento, è il 22 settembre, lo fanno parlare in videochiamata con la famiglia; dopo 24 ore il giovane è in piedi; dopo cinque giorni gli lavano la testa, pochi giorni ancora e torna a casa.
La cicatrice sulla testa ricorda la difficile prova che ha dovuto affrontare. Giovani come lui non ce l’hanno fatta. Dal giorno dell’intervento, il ragazzo riservato ha lasciato il posto ad un uomo pieno di vita. Questa prova difficilissima gli ha fatto capire che il Signore vuole che lui viva ed egli desidera farlo con tutta la gioia possibile.
Per il primo Natale insieme a Sabrina da marito e moglie a Gesù Bambino ha chiesto di allargare la famiglia. È il suo desiderio più grande. Sabrina in questi mesi ha compreso quanto la vita possa cambiare da un momento all’altro e che non bisogna dare mai nulla per scontato. Oltre al dono di un figlio, al Dio fatto uomo ha chiesto che tutte le coppie possano riscoprire il valore del dialogo. Perché oggi, dice, si buttano via troppo facilmente legami che andrebbero invece custoditi con amore.
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