Accompagnare le persone: quale pedagogia?

La rubrica Sale in zucca, curata dalla psicologa Raffaella Marciano, passa il testimone a Psicologia, spiritualità e formazione che accompagnerà i lettori nella comprensione dello stretto legame tra l’aspetto umano e quello spirituale nella nostra vita in generale e quando si parla di formazione.
Foto di lil_foot_ da Pixabay

I sinottici, presentandoci l’invio in missione dei discepoli, sottolineano due aspetti importanti. Gesù, come riferisce Matteo in modo sintetico e chiaro, dice: «E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino». Quella che Gesù affida è, dunque, una missione di trascendenza, di religiosità, di spiritualità.

Ma Gesù dice anche: «Curate/guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni», quasi a ricordarci che non basta l’annuncio formidabile, meraviglioso ma occorre anche disporre gli animi: curare, cioè permettere alla persona di essere, nella sua realtà antropologica, ciò che è chiamata ad essere. L’educatore non è solo un annunciatore ma neanche uno psicologo/terapeuta. È un accompagnatore per un tratto di strada sulla quale non cerca una «diagnosi» in vista di una «terapia» ma neppure si accontenta di un’astratta «contemplazione» dei grandi valori autotrascendenti. 

Accompagna per aiutare la persona a trovare punti di incontro fra gli elementi trascendenti ed immanenti che la compongono, quindi accompagna su una via pedagogica che – lo sappia o no – ha una portata antropologica e, di fatto, anche teologica perché agisce non tanto sui comportamenti e le abitudini di chi accompagna ma sul modo stesso di vivere e ultimamente di viversi anche davanti a Dio.

Da queste considerazioni emergono anche linee pedagogiche differenti. Ciascuno di noi usa una o l’altra linea in misura più o meno esclusiva. L’importante è essere consapevoli di quale pedagogia stiamo usando nello svolgimento del nostro ministero. 

Pedagogia soggettiva o salmica. Questo modello evidenzia che il soggetto crescerà se è capace di restare in contatto ed esprimere le proprie emozioni e seguire i propri desideri. Qui l’educatore si propone di rispondere alle domande che il soggetto pone. Si preoccupa di soddisfare le sue richieste. Si tratta dunque di una pedagogia fondata sul bisogno comunicato, che viene riconosciuto, rispettato e considerato degno di soddisfazione nella forma in cui si presenta. 

Pedagogia oggettiva o sapienziale. All’opposto della precedente, si preoccupa del versante dei valori da trasmettere. Si definisce in base ad una risposta da dare all’educando, la quale prende il carattere di fine o di valore e in base ad essa l’educando deve ridistribuire l’equilibrio dei suoi bisogni e formulare le sue domande. Si danno risposte e certezze, si spiegano quali sono i fini e i valori veri e si chiede di attenersi ad essi. 

Pedagogia come interpretazione o parabolica. Coglie la domanda della persona e la legge sullo sfondo del mistero della persona. La domanda attuale dell’educando riguarda il momento storico contingente, il qui e ora della sua vita. Si tratta dunque di una domanda che chiede una risposta specifica e contingente. Però in essa è contenuto anche l’indizio di interrogativi più profondi e radicali per cui quella domanda contingente è l’espressione e la soluzione particolare all’inquietudine radicale che colora la realtà antropologica più profonda del mistero. 

Quest’ultima pedagogia, che a mio avviso andrebbe scelta, è parabolica nel senso che comporta non una semplice risposta ad una domanda ma un’interpretazione del dialogo complesso tra domanda e risposta, tra educando ed educatore. L’avvenimento umano è considerato come una parabola, un segno più o meno chiaro che manifesta e nasconde allo stesso tempo un’eventuale domanda di portata diversa, forse nascosta, spesso più profonda e anche religiosa.

di don Vincenzo Spinelli

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