Si è svolto nei giorni scorsi il 66esimo Convegno missionario nazionale dei seminaristi tenutosi al Seminario arcivescovile di Napoli, dove 110 seminaristi di tutta Italia si sono interrogati sul senso della missione e sul significato dell’essere missionari.
I lavori sono stati introdotti da don Gennaro Matino sacerdote della Chiesa di Napoli che ha puntualizzato l’importanza dell’utilizzo e del peso delle parole, che sono il nostro biglietto da visita e l’espressione della realtà che presentiamo. Indice dell’importanza della parola è il fatto che Dio abbia scelto di esprimere in linguaggio umano ciò che Lui, nel suo amore, ha voluto rivelarci.
Don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, a conclusione del Convegno ha raccolto e sintetizzato il frutto dei quattro giorni di lavori comunitari e di gruppo invitando tutti a “superare paure e pregiudizi”, “vivere come segno fragile della misericordia”, “uscire dal proprio sguardo per entrare nello sguardo dell’altro”, “allargare gli orizzonti”.
Ma come si diventa missionari?
Don Pizzoli, servendosi delle restituzioni dei seminaristi, ha descritto il missionario come uomo sempre disposto a mettersi in d discussione lavorando su sé stesso, uomo che si sente figlio amato da Dio, uomo che allarga i propri orizzonti alla volontà di Dio e che allarga le braccia al proprio fratello, uomo che testimonia la Misericordia che per primo ha ricevuto, uomo che vive del dono dello Spirito.
Importanti e formative sono state le visite ad alcune realtà della città di Napoli, sia dal punto di vista culturale che caritativo. Noi tutti seminaristi siamo grati al Signore per questi giorni di grazia che abbiamo vissuto, oltre che per i semi gettati e i frutti raccolti, in particolar modo per il clima di fraternità e condivisione che ha riscaldato quest’evento.
Luca Corradino
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