La Chiesa, almeno dal Concilio Vaticano II, è sempre stata in prima linea nell’utilizzo dei mezzi della comunicazione sociale, assolutamente necessari all’annuncio evangelico, peraltro in un mondo sempre più globalizzato.
Viviamo però tempi di straordinari e rapidissimi cambiamenti, capaci di spiazzare tanto che, in questo specifico ambito, in un momento nel quale appare all’orizzonte il volto per certi versi minaccioso dell’intelligenza artificiale, anche la Chiesa è costretta a recuperare terreno.
La riforma, che papa Francesco ha incoraggiato con forza sin dai primi passi del suo pontificato, si è concretizzata il 19 marzo 2022 quando il Santo Padre ha pubblicato la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, atto conclusivo di un lungo e impegnativo processo di revisione.
Il libro Dal Concilio al web. La comunicazione vaticana e la svolta della riforma (edito dalla Libreria Editrice Vaticana), del giornalista salernitano Angelo Scelzo, già vicedirettore della Sala Stampa vaticana e dalla lunga esperienza umana e professionale accanto a san Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI e papa Francesco, propone un viaggio nel quale si ripercorre il cammino della comunicazione della Santa Sede dagli anni del Concilio Vaticano II fino alla riforma.
Un libro che, non rinunciando al rigore di numeri, date e documenti, ripercorre decenni di comunicazione vaticana anche attraverso aneddoti, ricordi personali, personaggi che ne hanno fatto la storia.
È un punto di vista specialissimo quello dell’autore, che se da un lato osserva dall’interno la costellazione degli organi di comunicazione vaticana, dall’altro conserva l’alterità dello studioso e dell’analista. Il volume di Angelo Scelzo, pubblicato con la prefazione di padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, si apre con il racconto della riforma, dai primi passi alla fase più matura, passando anche dai momenti di crisi.
Sono ricostruiti i diversi passaggi di un processo complesso e il lavoro dei vari organismi incaricati dell’opera di revisione verso una piena conversione digitale, accentuata dal tempo e dalle difficoltà della pandemia.
Un’autentica svolta che aveva un solo precedente nel Concilio Vaticano II, quando i mezzi della comunicazione vaticana diventarono, per la prima volta, un corpus organico, consapevolmente impegnato – ognuno secondo la propria natura – a rendere la comunicazione una voce ordinaria con la quale la Chiesa sceglieva di parlare al mondo, ponendosi in sintonia con esso attraverso il nuovo alfabeto dell’opinione pubblica.
Quello attuale non è un semplice aggiornamento, ma una svolta epocale. In sede di presentazione, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha parlato della riforma dei media vaticani affermando che «non era per imbiancare, ma un passo in avanti per ripensare l’intero sistema».
Senza dimenticare che, in un contesto complesso di cambiamento, la specificità della comunicazione della Chiesa è quella di «parlare il linguaggio del cuore».
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