L’augurio del Vescovo al popolo della valle del Sarno al termine del suo quinto Discorso alla Città pronunciato ieri nella Cattedrale di San Prisco. Il tema trattato è stato: «Cinque ciottoli nella bisaccia: dalla solitarietà alla solidarietà».
Le sette «derive delle solitudini» al centro del Discorso alla Città di monsignor Giuseppe Giudice sono anche alcuni dei mali più gravi che affliggono questo tempo.
Il Vescovo le ha denunciate durante il tradizionale appuntamento che apre il novenario in onore di San Prisco, patrono della diocesi e della città di Nocera Inferiore.
Nella Cattedrale nocerina, ieri mattina, il pastore ha incontrato le autorità civili e militari del territorio, che hanno anche vissuto il loro Giubileo nell’Anno della Misericordia. Il ragionamento di monsignor Giudice è partito dalla solitudine in cui è piombato l’uomo.
«Siamo abitati – scrive il Vescovo – da una solitudine esistenziale, antropologica, che diventa assenza di senso e l’uomo, sempre più liquido e inconsistente, si sente come gettato nel vuoto, solo, e non più dinanzi al Solo, l’unico Dio, ma irrimediabilmente solo e spaesato, quasi estraneo a se stesso. La cultura, o pseudocultura odierna, come risposta al solipsismo impone, e mai propone, un chiudersi sempre di più, alimentando la sfiducia e insegnando, con ragionamenti subdoli e telecomandati, ad abitare gli spazi della chiusura, a far crescere la diffidenza, ad affidarsi ai maestri del terrore, del sospetto e del non rispetto; a rintanarsi nei percorsi virtuali che, alimentando la solitudine, fanno crescere la paura a dismisura, inculcando nell’uomo un sentimento anti-uomo».
Le derive
«Non è educativo – scrive – continuare a sporcare la creazione, paradiso di Dio. Finché il male non ci tocca, si fa finta di non vedere, mentre si avvelena e si affumica l’ambiente». Il richiamo all’ambiente è direttamente collegato all’aumento di malattie tumorali sul territorio: «Folle di malati oncologici, ahimè tanti bambini, intraprendono, accompagnati dalla nostra indifferenza, i loro viaggi della speranza. Il bene comune, che è la salute e la salvaguardia del creato, viene barattato con il bene privato. E, mentre la casa comune soffre e muore, la cassa di pochi si riempie sempre più». Gli affari di qualcuno che prevarica l’intera società, danneggiandola, sono finiti al centro della denuncia del pastore. Un richiamo forte e coraggioso. Nel Discorso, il vescovo si concentra anche contro altri poteri forti. «Non è educativo – si legge – ammazzare i piccoli artigiani, le piccole botteghe, imponendo, per ragioni di mercato, grandi centri commerciali. In quei luoghi perdi la tua intimità e la tua libertà, perché là qualche Golia deve lavare soldi sporchi». Tra quelle che definisce «derive delle solitudini», monsignor Giudice colloca anche il fumo, il traffico d’armi, il «mercato del sesso» e il gioco d’azzardo: «Non è educativo produrre uno spot contro il gioco d’azzardo, e con l’altra mano firmare il permesso per aprire le sale da gioco, anticamere di grossi sfaceli e patologie». Il vescovo guarda anche in casa, richiamando i sacerdoti a riscoprire la gratuità e aggiungendo: «Non è educativo per le comunità cristiane omologarsi ai pensieri del mondo. Non fare il santo in Chiesa e il diavolo a casa».
La strada da intraprendere
Quale risposta dare? «Occorre ripartire da una corretta concezione dell’uomo: non come individuo, ma come persona che vive in una fitta trama di relazioni nelle quali le sue potenzialità si possono esplicitare. L’educazione è relazione costruttiva tra persone».
Percorsi che conducono alla porta della speranza.
« Davide si libera dell’armatura e si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia (cf. 1Sam 17,40). I cinque ciottoli, per attraversare la porta della speranza, possono essere per noi i cinque verbi fiorentini? I verbi Uscire-Annunciare-Abitare-Educare-Trasfigurare, voce del Verbo, vie del convenire delle Chiese che sono in Italia al V Convegno Ecclesiale di Firenze. Li vogliamo ricordare ancora, trascriverli con pastelli a colori sulle lavagne delle nostre comunità, per coniugarli in tutti i modi e in tutti i tempi nelle nostre realtà umane ed ecclesiali. Sono cinque, come i cinque ciottoli che Davide ripone nella bisaccia per sconfiggere Golia; e Davide vince, non per la potenza dei mezzi, ma perché crede». Così si passerà «dalla solitarietà alla solidarietà», che è stato il tema del Discorso 2016.
A latere, commentando la mattinata con i giornalisti, monsignor Giudice ha voluto aggiungere un augurio: «Non tutti credono in questa terra dell’Agro. Molti sono contenti di fare spot per non promuoverla. In questi cinque anni ho visto tante belle realtà che vanno messe in evidenza, per questo dico all’Agro: credi un po’ in più in te stesso». Ad accompagnare musicalmente la mattinata gli studenti del liceo “Galizia”.
Salvatore D’Angelo