Lucia Vuolo ha vissuto la passione politica fin da giovane. Una militanza di destra e poi centrodestra maturata nella sua Pagani. Dietro le quinte, per alcuni una vera e propria colonna, cinque anni fa ha deciso di passare in prima linea. Una scelta non facile. Il risultato riscosso le ha dato ragione.
Grazie ad oltre 41.000 preferenze, è stata eletta al Parlamento europeo nella circoscrizione Sud sotto il simbolo della Lega. Una vittoria non scontata. Per molti una sorpresa. La nona legislatura europea è iniziata nel 2019, si concluderà nel 2024. In questo periodo, ha cambiato posizione nell’emiciclo, passando dal sovranismo salviniano al popolarismo europeo di Forza Italia.
Onorevole, anche la sua storia potrebbe dirsi di riscatto.
«La parola “riscatto” mi piace molto, porta in sé il senso di coraggio, forza, fermezza, rivincita. Un’accezione profondamente positiva che è capace di piantare il seme di percorsi di rinascita. Non è un termine che lego solo alle donne, ma alle persone. Il riscatto vero è quello dell’intera società quando dà pari opportunità e possibilità. Non imbriglia, né va a soggiogare alcun essere umano. Il riscatto sociale è libertà e democrazia. E bisogna continuare a lavorarci».
In che modo, da Bruxelles, ha agevolato processi di riscatto per il suo territorio?
«In qualità di membro della Commissione TRAN (Trasporti e turismo, ndr) ho chiesto ed ottenuto che l’aeroporto di Salerno fosse inserito nella rete globale delle reti TEN-T. Un mio emendamento rafforza i porti strategici di Bari e Brindisi in un’ottica adriatica e balcanica. Ho lavorato per una netta sburocratizzazione di alcuni regolamenti di riferimento per il trasporto ferroviario. Ho posto il Sud Italia al centro. Lo dimostrano gli emendamenti finalizzati a favorire le zone collinari e montane, soprattutto quelle che presentano un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’UE. In commissione Pesca, come relatrice ombra ho portato all’attenzione europea la lotta contro la pesca illegale. Ho ricordato come le imbarcazioni extra UE, in particolare cinesi, peschino nei nostri mari, in barba a qualsiasi regolamento vigente. Ho letteralmente salvato le piccole vongole dell’Adriatico. Ho posto l’attenzione su un problema che coinvolge oltre 15mila docenti italiani con titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito all’estero. Ma c’è anche l’attenzione alle aziende e alle pubbliche amministrazioni sulle tante opportunità offerte dall’Unione europea».
Qual è il risultato di cui va più fiera?
«Il prossimo! Questo è uno stimolo a fare sempre di più attraverso l’ascolto dei territori, delle comunità, della gente. Torno in Italia ogni settimana e penso che uno dei risultati più belli sia la fiducia delle persone, che avverto sempre più forte. Sento una grande responsabilità e sono fiera per tutto quello che sto facendo. Amo il Sud, le mie azioni sono tutte mirate a stimolare l’ambizione dei nostri ragazzi affinché siano protagonisti del “riscatto” del Meridione».
Questo particolare e delicato momento storico, con l’Europa stretta tra due guerre e nell’ambito della terza guerra mondiale a pezzi (cit. papa Francesco), può incidere sul voto per le Europee?
«Abbiamo il dovere di lavorare ad ogni livello per porre fine alle barbarie. Non è facile. L’Unione europea e gli Stati membri lavorano costantemente e condannano fortemente ogni forma di brutalità, di aggressione, di violazione del diritto internazionale anche attraverso misure in materia di sicurezza e difesa comune, e strategie politiche. Sono stati anche intensificati i sostegni. Onestamente, credo che il voto per le Europee ne possa risentire molto relativamente».
Cinque anni fa c’era una ventata di sovranismo, di cui lei è stata diretta testimone essendo eletta con la Lega. Vento che oggi sembra scemato. È solo un’impressione?
«Amare l’Italia significa scegliere il modo in cui agire in Europa. Da oltre due anni, sono nel Partito popolare europeo. Nel PPE posso decidere con serietà ed ambizione quale strada prendere. Forza Italia in Europa è parte integrante di questa area di centro destra a forte componente democratico cristiana. Ogni giorno e ogni azione sono rivolti ai nostri cittadini, ma sempre con quella dimensione europea di cui è impensabile fare a meno».
Gli effetti del PNRR sull’Agro. Possiamo parlare di un’Europa non più lontana, ma vicina grazie ai milioni di euro inviati per opere pubbliche che favoriscono il riscatto occupazionale, di genere e ambientale?
«A me piace dire che “l’Europa non è lontana”, perché davvero è così e lo si vede nelle tante progettualità. I fondi del PNRR sono importanti nella misura in cui i progetti siano efficaci ed efficienti per i territori, possano creare condizioni di sviluppo sociale ed occupazionale, mettere in rete le istituzioni per lavorare insieme per la crescita del Paese. Ritornando alla parola iniziale, “riscatto”, questa per l’Agro è sicuramente un’occasione purché i piani di lavoro siano oculati, orientati e realizzabili. Io da sempre parlo anche dei Fondi Europei a disposizione dei Comuni, ma che gli enti perdono fondamentalmente per la forte carenza di personale e di conoscenze progettuali. Il 2023 è l’anno europeo delle competenze: vorrei che il PNRR servisse per formare i Comuni a sfruttare le progettualità europee a disposizione. Gemellaggi, reti di città e tanto altro sono spesso considerati come secondari. C’è tanto da fare».
Da Bruxelles cosa si può continuare a fare per le donne europee, specialmente quelle dei Paesi mediterranei che soffrono un maggiore isolamento?
«Ci sono luoghi in cui c’è tanto ancora da fare per una rivalsa sociale di equità e giustizia. È necessario continuare sulla strada intrapresa per i diritti delle donne e per tutelarle; per l’uguaglianza, l’emancipazione e la sicurezza».
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