Nelle ultime settimane, purtroppo, la cronaca ha riportato numerosi casi di violenza e aggressioni fra minori. È di ieri la vicenda delle statue sacre vandalizzate a Nocera Inferiore.
Cosa sta accadendo ai nostri giovani? Ne parliamo con Anna Marta Maria Bertoni, professore associato di Psicologia sociale presso l’Università Cattolica di Milano.
Siamo di fronte a una effettiva crescita delle manifestazioni di violenza e aggressività tra i giovani?
Purtroppo sì, stiamo assistendo a un continuo crescendo di violenza e aggressività fra i giovani, in parte sicuramente riconducibile agli effetti del trascorso lock-down.
La fascia dei più giovani è stata particolarmente penalizzata dalla pandemia, gli adolescenti sono stati privati a lungo di spazio per la relazione e la sperimentazione nei contesti sociali; lo spazio della relazione è fondamentale per la costruzione dell’identità dell’adolescente.
Il fenomeno delle gang, delle violenze e delle aggressioni giovanili, fino a giungere alle derive che purtroppo ci riporta la cronaca, trovano radice inoltre nello scenario attuale privo di codici forti e contrassegnato dalla latitanza della famiglia e della società, sempre più disorientate.
Sui giornali e sui media finiscono gli episodi relativi alla violenza “fisica”, ma sono frequenti anche le manifestazione di “violenza psicologica” tra giovani e giovanissimi.
La violenza fisica e quella psicologica hanno la medesima matrice. Entrambe hanno come finalità la sopraffazione e l’annullamento dell’altro.
La violenza fisica riguarda di più la vita reale, quella psicologica è più visibile nel mondo virtuale ma è pesantemente presente anche nella quotidianità reale.
Entrambe nascono dalla difficoltà di stare in relazione con qualcun altro. La violenza è una deriva “disumana” della difficoltà di accogliere l’altro con le sue specifiche peculiarità.
Che relazione c’è tra violenza e bullismo?
Si tratta di due mondi differenti, ma tra loro intrecciati profondamente. Il bullismo, in genere, è legato a un contesto sociale deviante.
Spesso avviene per associazione di più individui. Si tratta di un fenomeno complesso e difficile da estirpare, anche perché le sue manifestazioni non sempre vengono comprese fino in fondo e tempestivamente.
Capita che si minimizzi e si tenda a sottovalutare la portata di violenza che il bullismo reca con sé.
Quali sono le cause alla radice di questi comportamenti? Che ruolo hanno i media?
Le cause sono molteplici. A volte trovano origine in contesti deprivati e degradati, o in particolari situazioni familiari, magari caratterizzate da povertà educativa e relazionale. Spesso sono il frutto di relazioni sociali deficitarie.
Non è detto, però, che queste condizioni determinino violenza. Alcune escalation di violenza, invece, hanno una matrice sociale o trovano detonazione nel mondo virtuale. È tipico dei ragazzi tentare di oltrepassare il limite della regola e cercare un contenimento.
L’adolescente ha particolarmente bisogno di essere guidato e orientato, ma oggi assistiamo una oggettiva difficoltà a condividere, o proporre regole che di fatto incarnino anche una forma di orientamento valoriale per i giovani. I genitori oggi tendono a delegare ad altri l’educazione dei propri figli.
I media poi amplificano un falso mito, dilagante nelle giovani generazioni, quello dell’onnipotenza. Attualmente assistiamo, infine, a una pericolosa collusione tra certe naturali inclinazioni dei giovani e web.
Esistono dei percorsi di prevenzione? Come è possibile praticarli?
Ci sono forme di prevenzione particolarmente mirate all’ambito relazionale. Si tratta di percorsi che accompagnano e stimolano la riflessione su cosa significa stare in relazione con l’altro, prendendo atto degli spazi di vincolo, ma anche e soprattutto di bellezza presenti in un rapporto.
Presso il Centro di alta formazione del nostro Ateneo sono stati avviati dei Percorsi di Enrichment Familiare, sono rivolti a giovani e adulti. All’interno di essi si fanno percorsi di prevenzione rispetto alle derive di violenza, di cui stiamo parlando.
Occorre tenere sempre a mente che la nostra stessa identità è fondata sulla relazione. Rispettare l’identità relazionale della persona significa promuoverla e prevenire forme di distruzione della persona stessa.
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