Vale la pena di soffermarsi su una notizia uscita nei giorni scorsi e che non riguarda in prima battuta il mondo della scuola ma in realtà, a ben vedere, lo chiama in causa, perché è proprio a scuola che si trasmette e si plasma in buona parte la cultura di un popolo.
Il comitato organizzatore dei Giochi Olimpici a Parigi ha cominciato a far conoscere alcuni manifesti ufficiali che saranno destinati a promuovere l’appuntamento internazionale previsto dal 26 luglio nella capitale francese. Le illustrazioni sono state create dall’artista Ugo Gattoni e presentano, come comprensibile, i riferimenti principali di Parigi, dalla Tour Eiffel all’Arco di Trionfo. Dal disegno sono però scomparsi due simboli: la croce, quella che svetta sulla cupola degli Invalides, e la bandiera francese.
Immediata la polemica, in Francia e non solo. Polemica guidata dalle “destre”. Ad esempio, Marion Marechal, capolista del partito di Eriz Zemmour alle Europee, ha subito commentato: “Che senso ha fare le Olimpiadi in Francia se è per nascondere ciò che siamo?”.
In effetti, al di là di qualunque orientamento politico, la scelta appare quantomeno ambigua.
Il Comitato olimpico francese ha spiegato che le immagini sono il frutto di una interpretazione artistica “gioiosa e scanzonata” di una città “reinventata”. E lo stesso artista Gattoni ha precisato: “Nel disegnare i manifesti ufficiali non cerco di rappresentare gli oggetti o gli edifici come dovrebbero essere. Li disegno come appaiono nella mia mente, senza alcun secondo fine. Non voglio che siano fedeli all’originale, ma piuttosto che la gente possa immaginare a colpo d’occhio cosa sono, proiettandoli in un mondo surreale e festoso”.
Ora, quanto ci sia di “festoso” nell’eliminare un elemento identitario e profondamente “culturale” – nel senso che appartiene alla storia e all’immaginario collettivo di un popolo, quello francese e più in generale europeo – riesce difficile immaginare. La scelta artistica fa pensare, piuttosto, a qualcosa di molto meno “festoso” e cioè alla dimenticanza, se non alla rimozione di identità culturali che rischiano di annegare nell’indistinto panorama di una società fluida e senza riferimenti.
Tutti ricordiamo la “battaglia” di Giovanni Paolo II per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa. E nello stesso tempo siamo ben consapevoli degli equilibri che si è cercato, bene o male, di mantenere nella costruzione dell’unità del continente europeo per promuovere dialogo e integrazione tra culture e religioni diverse, tutte peraltro – e ciascuna a suo modo – ben radicate nella storia.
Ora, rimuovere la croce dalla cappella degli Invalides – il discorso sulla bandiera francese si può fare in altra sede – appare davvero una forzatura. O, per dirla col vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani in un passaggio del suo recente intervento al Congresso del Ppe, una “stupidità”. Non è questione di “laicità” – tema forte in Francia e non solo – ma più che altro un dispetto alla storia.
E allora veniamo alla scuola. E’ soprattutto qui che si impara a rispettare la storia, a non confondere laicità e rispetto delle diversità con l’annullamento delle identità. Lo sa bene, ad esempio, il Consiglio d’Europa, che negli anni ha più volte espresso il pensiero sulla conoscenza delle diversità – di tradizioni e di religioni – come condizione per il dialogo e la buona integrazione europea.
Coltivare la memoria, non abolirla: è un buon viatico per costruire una società migliore.
Alberto Campoleoni
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