Venerdì Santo di Pucciano, il 29 marzo si terrà la 101esima edizione di una processione che negli anni è divenuta sempre più segno identitario della comunità parrocchiale di San Giovanni Battista in Nocera Superiore. A presentarla ai nostri lettori è il parroco don Andrea Amato.
Una storia che, dopo la pandemia e la riflessione diocesana, riprende nelle chiavi del ripensamento e del ritorno alle origini.
Rifare la sacra rappresentazione dei Processi a Gesù davanti al Sinedrio e a Pilato come momento iniziale della processione non è solo cambiare luogo e scenografie, ma ripensare a cosa possono dire ad un popolo oggi sempre più distante e socialmente indifferente.
Per quanto piccolo, è il tentativo di suscitare anche a livello emotivo una reazione all’Amore donato fino all’estremo; processi e processione sono il modo con cui la devozione popolare ancora può annunciare la strada di raccordo alla vita evangelica.
Parola a don Andrea
“La bellezza della Passione” è stato il tema del convegno che ha fatto da momento preparatorio al Venerdì Santo di Pucciano. Don Andrea, cosa rende “bella” la Passione di Cristo?
«Dire che la Passione è bella può sembrare un ossimoro, ma riflettendo insieme come comunità ci siamo interrogati su come la bellezza artistica dei simulacri del Crocifisso e della Vergine addolorata siano nel tempo diventati veicolo di annuncio dello splendore salvifico degli eventi tragici e sublimi del Triduo pasquale. Al contempo, la bellezza delle statue, ha comportato a livello affettivo la strutturazione di un legame identitario per l’intera comunità “puccianese” e cittadina».
Il Venerdì Santo di Pucciano è una storia che viene da lontano, storia di fede e redenzione. Ci racconta come e quando è nata?
«La processione dei Misteri nasce come uno dei riti del Triduo pasquale, la processione di Gesù morto. Nel tempo, con il crescere della devozione, ha subito una rilettura evangelica passando così dalla tradizionale processione funebre all’annuncio di tutto l’evento salvifico di Cristo: dal Battista alla Croce.
Nell’anno pastorale 2012-2013, dopo un forte invito diocesano, e sotto la guida di don Antonio Adinolfi, la comunità ha riportato la processione nell’alveolo di una sana devozione popolare impastata di Parola di Dio, con l’abolizione della crocifissione e la riqualificazione delle scene evangeliche rappresentate. Ancora oggi, nella rinnovata ottica di pastorale sinodale, la comunità parrocchiale sta cercando di rimanere fedele alla Parola della Tradizione nelle sue tradizioni».
Come sempre, c’è un manifesto a tema a presentare il Venerdì Santo. “Darai la vita per me?”, il titolo. Quale messaggio vuole veicolare?
«È la domanda retorica fatta a Pietro da Gesù prima dell’annuncio del rinnegamento che è volutamente messa al centro del manifesto a separare il particolare del volto del Crocifisso e le scene di guerra che si sovrappongono.
Se ci si pone davanti al manifesto la domanda acquista diversi orientamenti, perché può essere la domanda che io astante faccio a Gesù, o che Lui fa a me come a Pietro o, ancora, può rappresentare la domanda fatta al Cristo dai tanti “crocifissi della storia” che chiedono se nella loro Croce sono soli o Lui non li abbandonerà morendo con loro e per loro ancora una volta».
Parola ai figuranti
Tanti i figuranti, circa 200, che sfilano per le strade della città, dal 2015, nel ruolo di Gesù c’è Salvatore Faiella. A lui abbiamo chiesto come si prepara a “vivere” il Venerdì Santo.
Da quanti anni prendi parte alla processione? E cos’è per te la Processione?
«Gli anni ormai son parecchi, quest’anno è la 35 volta che parteciperò alla Processione del Venerdì, la prima volta fu nel lontano 1986, feci il porta scale, particina inventata di sana pianta da Francesco Alfano, per accontentarmi vista la mia insistenza per “vestirmi” e la mia piccola statura, che non mi permetteva di fare il soldato romano. Tra le tante partecipazioni “la prima” non si scorda mai. Da buon Puccianese la Processione del Venerdi Santo è un rito da vivere ma soprattutto da sentire, alla Processione non ci si veste, ma si prende parte e si vive la Processione!».
Il ruolo di Gesù richiede una preparazione particolare. Come vivi i giorni precedenti?
«Mentale. Bisogna essere consapevoli di ciò che ci si appresta vivere, il Venerdì Santo non richiede attori ma fedeli, quindi, la “preparazione particolare” è obbligatoria per tutti i figuranti, non solo per chi veste i panni di Gesù. Poi c’è la preparazione fisica, che più che precedente (anche quella serve) è successiva al venerdì, ovvero bisogna prepararsi a qualche giorno di sopportazione della stanchezza e di eventuali piccoli traumi o escoriazioni dovute alle cadute e al peso della croce da “portare” per alcuni chilometri».
Il peso della croce, che conduci tra le strade della città, ti porta a pensare qualcosa di particolare in quei momenti?
«Ad esser sinceri è abbastanza difficile pensare durante il tragitto, il peso della croce e il peso del momento si sovrappongono e quindi far funzionare il cervello non è così semplice, più che altro pensi a ciò che stai facendo a livello fisico, prima e dopo la processione invece c’è molto da pensare e non solo per aver portato la croce in giro per la città».
Le origini
Le origini della manifestazione risalgono al 1920 e sono legate al nome di un emigrante nocerino, Salvatore Trollo, che, di ritorno dall’America dove era andato in cerca di fortuna, per mantenere una promessa fatta alla moglie, decise di donare alla chiesa due statue in cartapesta di Gesù morto e dell’Addolorata. Da allora, sono portate in processione per le strade cittadine.
Appuntamento a venerdì 29 marzo, a partire dalle ore 17.00, dalla parrocchia di Pucciano in Nocera Superiore per la 101a edizione del Venerdì Santo di Pucciano.
Fernando Faiella