Elezioni europee: l’Europa chiama

Cosa potrà accadere con le Europee? Con Bruxelles e Strasburgo percepite lontane e matrigne? Il punto nell’editoriale di Salvatore D’Angelo.

L’Europa chiama. Gli elettori rispondono. Si spera. Il rischio più forte delle prossime elezioni Europee è l’astensionismo. Si vota l’8 e 9 giugno, un inedito sabato e domenica. La disaffezione alle urne cresce inesorabilmente e in pochi se ne preoccupano. I primi intenti solo ad un interessamento di facciata sembrano essere i politici. 

Discettano della questione senza introdurre azioni concrete. Insomma, il solito. Non si fa nulla per contrastare un fenomeno diventato partito di maggioranza assoluta nel Paese. Le ultime Regionali – Sardegna, Abruzzo e Basilicata – ci hanno consegnato presenze bassissime ai seggi, nonostante si tratti di consultazioni di prossimità.

Cosa potrà accadere con le Europee? Con Bruxelles e Strasburgo percepite lontane e matrigne? La distanza geografica non deve assolutamente far pensare – e ci sono molti che ancora lo credono – che le istituzioni europee non impattino sul nostro quotidiano. 

Ogni cosa che facciamo, come singoli o come comunità, anche le leggi statali, in un modo o nell’altro hanno a che fare con l’Europa. Viviamo in un contesto unitario che, malgrado le criticità talvolta evidenti e le critiche pretestuose di alcune parti, ha consentito mezzo secolo di pace, prosperità e democrazia. Una comunità di cui l’Italia è fondatrice.

Gli assenti hanno sempre torto e la partecipazione elettorale è l’unico modo per far sentire la nostra voce, attraverso le compagini politiche e gli eletti in Parlamento e, di riflesso, nella composizione della Commissione e nelle decisioni del Consiglio europeo.

Tuttavia, anche non recarsi alle urne è un diritto e va rispettato. L’auspicio è che gli schieramenti in campo sappiano intercettare i malumori di chi si astiene affinché tutti possano sentirsi rappresentati e motivati ad esercitare il più alto diritto democratico: il voto.

In questo contesto matura lo scontento, o meglio, lo spaesamento di alcune aree, in particolare quella cattolica. Non è nostalgia del passato, ma è richiesta di rispetto. C’è chi ci usa come vessilli di un conservatorismo a tratti reazionario, chi di un progressismo sociale. In questo marasma manca la testimonianza. Sì, i cattolici vogliono essere autentici interpreti della continua esigenza di pace, giustizia sociale e tutela del bene comune, a partire dal Creato. Qualcuno saprà rispondere a questa istanza? Altrimenti non si farà altro che ingrossare le fila del non voto.

Nel frattempo, si dovranno eleggere sindaci e consigli comunali in alcuni comuni della nostra Diocesi. In questi casi, l’affluenza è sempre più alta, seppur si sconti una eguale disaffezione. I futuri amministratori locali sappiano andare oltre gli slogan e le appartenenze. Una scuola ordinata, strade senza troppe buche e servizi efficienti valgono più di mille promesse.

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