Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi, e con le man s’aperse il petto,
dicendo: “Or vedi com’io mi dilacco!
vedi come storpiato è Maometto!”
Siamo tra i seminatori di discordie della IX Bolgia dell’VIII Cerchio dell’Inferno (Canto XXVIII). Maometto mostra al Poeta le sue ferite aprendosi il petto. Il Profeta è martoriato, tagliato in due parti con le interiora che gli pendono tra le gambe. Ma di cosa è colpevole?
Per Dante la religione musulmana rappresenta una scissione interna al mondo cristiano che ha generato sanguinose guerre. Dunque, Maometto non è il fondatore di una nuova religione ma un eretico. Convinzione, questa, che scaturisce da una conoscenza non completa dell’Islam che è propria del medioevo. Con l’età moderna l’atteggiamento di ostilità verso l’Infedele, però, non sarà meno marcato. Basti pensare alla tradizione del poema epico cavalleresco che, con l’Orlando Furioso di Ariosto e La Gerusalemme Liberata di Tasso, denuncia chiaramente la diffusa paura dell’Islam considerato un pericolo da cui doversi difendersi.
Sicuramente, all’interno del dialogo interreligioso che caratterizza il mondo contemporaneo, queste pagine confliggono con lo sforzo di una integrazione religiosa ed etnica. Tuttavia, è ovvio che la lettura dei testi va sempre ricondotta al contesto storico-culturale in cui vengono prodotti e lo studio, la conoscenza sviluppano anche la capacità di mettere a confronto epoche e idee diverse: in poche parole, sviluppano il senso critico.
Ciò che due giovani studenti della scuola media di Treviso, esentati dallo studio della Commedia, non potranno di certo, un giorno, vantare.
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