Le prerogative regali attribuite alla Vergine Maria affondano le loro radici nell’era della prima cristianità, ma il rito dell’Incoronazione della sua sacra immagine si ascrive alla fine del XVI secolo.
La consuetudine di grande prestigio partì dalla devozione di fra’ Girolamo Paolucci, cappuccino di
Forlì, che nel 1601 appose una corona all’effigie della Madonna del Fuoco che si venerava in quella
città. Da quel momento la pratica di offrire oro e argento attraverso lasciti e donazioni si diffuse
notevolmente finché nel 1636 il conte Alessandro Sforza Pallavicini dispose un cospicuo lascito
testamentario per future incoronazioni, incaricando il Capitolo di San Pietro dell’esecuzione dello
stesso.
Il rito dell’Incoronazione
La Chiesa, che fino ad allora aveva osservato da lontano questa particolare forma di devozione, fissò tre regole chiare per l’Incoronazione: l’immagine doveva essere di comprovata antichità, molto venerata dai fedeli ed essere portatrice di miracoli.
Nel corso dei secoli a queste principali regole se ne sono aggiunte altre, sino al 1981, quando il rito ha avuto una ulteriore trasformazione.
Nella vecchia forma, il rito – soddisfatti i tre criteri di antichità, venerazione e prodigio – prevedeva che la richiesta dovesse essere presentata dal Vescovo diocesano e dai canonici nella cui chiesa si trovava l’immagine o la statua; ad essi era demandato di preparare i decori da apporre e riprodurre l’immagine da incoronare inviandola al Capitolo Vaticano per memoria dell’avvenuta cerimonia, che precedeva la celebrazione eucaristica e che avveniva in un contesto di grande festa.
Ma se la pratica ha avuto ampio seguito in Italia, guardando attorno a noi osserveremo che tale
privilegio è stato concesso alla Vergine del Rosario di Pompei nel 1965, all’Immacolata Concezione
di San Gennarello di Ottaviano nel 1904 e per la nostra Diocesi a Maria SS. della Consolazione di
San Valentino Torio nel 1906, alla Madonna del Carmine di Angri, alla Madonna della Purità di
Pagani nel 1999 e a Santa Maria dei Bagni nel 1908.
L’Incoronazione della Madonna dei Bagni
Proprio per quest’ultima venerata effigie, la cui realizzazione (1639) è ad opera del torrese Simone
Villano e riproduce la Vergine col Bambino venerata da angeli, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista (soggetti che ritroviamo anche nella pala d’altare e nel semidistrutto gruppo scultoreo della Collegiata angrese, segno ulteriore dell’appartenenza del Santuario mariano ad Angri) è stata recentemente proposta l’affissione degli elementi con cui il Capitolo Vaticano con decreto del 17 febbraio 1908 concesse l’Incoronazione che avvenne il 5 luglio 1908.
All’epoca il santuario, costruito in pieno Seicento, era interessato da restauri che si conclusero nel 1907, anno in cui per richiesta del vescovo Luigi Del Forno e del rettore Don Agnello Marrazzo fu
avanzata la proposta al Capitolo e furono anche realizzate, dalla stessa Congrega di Carità di Angri
che aveva finanziato i restauri, la corona in probabile argento dorato con globo sul quale è incisa la
data 1907 e sette pietre dure per la Madonna, le dodici stelle a otto punte attorno al Suo capo, gli
elementi floreali e il Crocifisso.
Ad essa si aggiungono la corona del Bambino (nel rito, se presente come in questo caso, viene incoronato sempre prima di Sua madre) e le corone radiate del Battista e dell’Evangelista. Esse furono apposte la prima domenica di luglio del 1908 assieme alle corone radiate dei due santi.
Vi è però da dire che esiste un’altra coppia di corone per la Madonna e Gesù, in argento, senza data ma sicuramente più antiche di quelle poi apposte, segno del fatto che già da tempo c’era desiderio di vedere riconosciuto questo privilegio ad una effigie così venerata.
Per l’occasione nel 1910 fu apposta una lapide all’esterno della chiesa, nel pronao tra la navata
centrale e quella di sinistra e realizzata una copia – di cui si è persa ogni traccia ma probabilmente
inviata a Roma nell’Archivio capitolare vaticano – di non eccelsa fattura con colori vistosamente
più forti, già da molti anni scelta come immagine del foglietto della Supplica.
Tuttavia nell’ultimo restauro tali elementi vennero rimossi poiché ossidandosi causavano la rottura della tela nei punti in cui erano apposti e di essi se ne era completamente perduta la memoria.
Il ricordo dell’Incoronazione del 1908
Grazie all’iniziativa di mons. Domenico Cinque, alla cui cura è affidata la comunità parrocchiale da poco meno di due anni, si è ripreso a far memoria delle antiche tradizioni di questa storica contrada ricordando la data del 5 luglio, giorno dell’Incoronazione, ed esibendo alla venerazione dei fedeli gli elementi che fino a quarant’anni fa impreziosivano la sacra effigie.
Il desiderio chiaramente è di rivedere sulla tela seicentesca questi gioielli di abile cesellatura, ma ciò
si scontra con le direttive della Soprintendenza, ragion per cui si sta pensando ad un vetro antiriflesso su cui apporre gli elementi, come già avviene per la Madonna di Pompei.
Giuseppe Pio Troisi
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