I Riti settennali dell’Assunta a Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento, si tengono dal 19 al 25 agosto.
Erano gli anni del Fascio e le leggi, severe e dispotiche, investivano anche l’aspetto religioso del cittadino.
In nome di un razzismo incomprensibile, venivano proibite anche quelle manifestazioni che sembravano conseguenze di un medioevo oscuro ed ignorante, come il battersi il petto a sangue nei riti settennali guardiesi.
Ma come si può fermare la fede, come si può arginare l’onda travolgente delle emozioni spirituali, chi può porre freno ad un’energia interiore prorompente? Vigilarono per le strade tortuose ed irte del paese le camicie nere dell’epoca, perché la processione ed i riti si svolgessero secondo le nuove disposizioni.
Ma i cieli si aprirono ugualmente ed il sangue colò al ritmico colpo della spugna irta di punte: ogni battente lo faceva all’interno della propria casa, al passaggio orante e maestoso della Vergine Assunta!
E lì, in quei luoghi dove le pareti delle case sembrano abbracciarsi, in un incrocio affettuoso di archi e portali, dove basta allungare una mano per salutare il vicino dell’abitato di fronte, si consumò, ancora una volta, il secolare rito della preghiera e della penitenza,
Ed un popolo, capace di tali gesti, merita davvero tutto il rispetto e direi l’onore.
Stiamo parlando ovviamente di questo straordinario momento che va sotto il titolo di Riti settennali dell’Assunta.
Ne parlo con emozione ed empatia, non come uno spettatore distratto ed annoiato, come un bagnante che vede una barca in preda alle onde sul mare, ma come uno dei naviganti che, insieme ai compagni, combatte e suda, trema e si spaventa e si rasserena solo quando si è raggiunto il porto.
Amore a prima vista
Ero un giovanissimo prete, fresco ancora del sacro crisma dell’Ordinazione sacerdotale quando, per la prima volta, mettevo piede sul suolo guardiese.
Come dimenticare quell’agosto del 1968, quel caldo insopportabile, quell’atmosfera afosa ed irrespirabile? Ma la novità del luogo, la bellezza del paesaggio, la cordialità degli abitanti (per i quali l’ospite era sacro come nell’antica Grecia), l’entusiasmo per ciò che per me era completamente nuovo, mi immersero, anima e corpo, nella manifestazione.
E fu davvero amore a prima vista, ed edizione dopo edizione (alcune straordinarie e memorabili, come quelle del 1975) siamo arrivati a quella presente; davvero un palmares invidiabile, un medagliere con tutte medaglie d’oro.
Siamo tutti premiati perché tra i quattro rioni (Croce, Fontanella, Portelle e Piazza) c’è solo partecipazione corale ed appassionata (anche se con un comprensibile sottofondo di competizione per l’attore più affascinante, il costume più prezioso, il mistero più significativo, la composizione più scenografica) perché l’unico premio lo dà il Signore e la Vergine Assunta.
Ora le forze sono scemate, non c’è più l’energia dei verdi anni (avendo superato l’ottantina) ma dentro, nell’animo, c’è il sigillo incancellabile di una storia che è diventata la nostra storia, come una seconda pelle di cui non ci si potrà mai disfare.
Restano i ricordi, le emozioni, le lacrime, l’eco dei canti di penitenza e di comunione ed in un mondo distratto ed indifferente, oggi non è poco.
Con la nostalgia del viandante lontano da casa, perché, come canta una bella nenia tradizionale locale, “…se fossimo cchiù vicin, ‘nce veressimo ogni matina!”.
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