L’invecchiamento sano e attivo è riconosciuto dalle istituzioni di tutto il mondo come un diritto sociale, che rientra a pieno titolo nella realizzazione di una società sostenibile e per tutte le età.
L’ONU si è posta l’obiettivo di promuovere un piano di azioni concertate per formulare delle politiche che rafforzino in tutti i settori le capacità delle persone anziane.
Il documento che ne sta alla base è l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, per la realizzazione di un mondo adatto a tutte le generazioni. Nove obiettivi dell’Agenda su 17 riguardano in modo diretto gli anziani e i loro diritti.
Oggi, la maggior parte delle persone vive più a lungo e una percentuale significativa della popolazione mondiale è costituita da persone anziane.
Entro il 2050 gli over 60 saranno 2 miliardi, pari al 22% della popolazione globale. La tendenza non può che aumentare, visto il progressivo calo delle nascite e l’aumento della speranza di vita di uomini e donne. La cosiddetta transizione demografica ha forti implicazioni sullo sviluppo sostenibile della società.
«…Non esistono né il processo di invecchiamento né lo stato di vecchiezza, presi così in astratto. Non tutti invecchiano allo stesso modo, né tutti i vecchi si trovano nella stessa condizione. L’invecchiamento e la vecchiaia sono primariamente processi culturali e sociali»
(dalla prefazione di Stefano Mistura al libro …E divento sempre più vecchio di Alberto Spagnoli)
Alcuni indicatori e il loro andamento nel tempo consentono poi di mettere meglio a fuoco lo squilibrio generazionale determinato dal processo di invecchiamento.
Nella provincia di Salerno i dati rilevati nel periodo 2002-2023 sono: il quoziente di natalità (rapporto tra la popolazione nata e vivente nell’anno di riferimento, moltiplicato per mille, ndr) è passato dal 9,9 al 7,2; il tasso di crescita naturale (rapporto tra il saldo naturale – differenza fra nati vivi e morti – e la popolazione media di quell’anno per mille individui, ndr) è passato dall’1,3 al meno 3,9.
I dati a nostra disposizione, su elaborazione dei dati Istat, forniscono un quadro ancora più dettagliato di come la composizione della popolazione stia cambiando e di come stiano cambiando le nostre vite anche nel nostro territorio diocesano.
Il passaggio decennale
In dieci anni si è passati da una percentuale di popolazione over 65 anni dal 12,50% al 18,30%. Dato ancora più preoccupante è il cosiddetto indice di vecchiaia (rapporto tra popolazione >65 anni e popolazione di età <15 anni, moltiplicato x 100)., passato dal 64% al 124% in due decenni.
La sua evoluzione sintetizza ancora più efficacemente lo squilibrio generazionale: più alto è l’indice di vecchiaia, più invecchiata è la popolazione.
Lo scenario appena descritto, poi, spinge verso l’alto un altro indicatore importante, l’indice di dipendenza strutturale (dal rapporto tra la popolazione non attiva – >65 anni d’età – e popolazione attiva – compresa tra 15 e 65 anni d’età).
Un aumento di questi coefficienti si traducono in una maggiore pressione sulle casse dello Stato per sostenere le prestazioni a favore di chi non lavora.
È risaputo che le condizioni economiche della popolazione anziana rileva un tenore di vita decrescente al crescere dell’età, ma al contempo bisogni crescenti e sempre più costosi di assistenza e di cura.
In un tempo, poi, in cui i nuclei familiari sono sempre più frammentati, i giovani lasciano il proprio paese per studio e lavoro; si assiste ad un aumento di anziani che vivono totalmente da soli.
Le famiglie unipersonali
Le famiglie unipersonali di anziani rappresentato uno dei punti più critici in cui si concentra la povertà, registrando una brusca riduzione di consumi: le spese si concentrano sui generi di primissima necessità e sulla salute, mentre si assiste ad una contrazione nelle spese per attività ricreative, vestiario e trasporti.
Questo contribuisce ad aumentare l’isolamento e l’emarginazione in cui vive la persona anziana con gravi conseguenze, non solo psicologiche (depressione, ansia, disturbi della memoria), ma anche cliniche.
In un Paese nel quale diverse prestazioni di welfare pubblico sono in riduzione da tempo (pensioni, assistenza, istruzione, sanità) le conseguenze verosimili dello scenario demografico descritto sono facilmente immaginabili in termini di regressione rispetto agli standard del passato e dovrebbero invitare a una seria riflessione.
Il declino demografico è un fenomeno in corso, ciononostante è possibile mettere in atto misure che lo contrastino, favorendo da un lato l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, ampliandone le prospettive di indipendenza e di procreazione, dall’altro valorizzando la fase matura della vita che è sempre più lunga, promuovendo stili di vita sana e attiva.
Anna Spinelli
Sociologa
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