Caregiver: occorre una legge per tutelare i “curacari”

Il supporto alle famiglie che in sempre maggior numero devono gestire e accudire un familiare anziano o con disabilità richiede una legge nazionale. Se ne sta discutendo anche in questi giorni in concomitanza con il G7 Inclusione e disabilità in corso in Umbria
Coppia di anziani a passeggio – Foto Siciliani-Gennari/SIR

Com’è stato possibile che la disabilità e tutto quello che è legato a questo argomento sia diventata di moda?

E come termini anglosassoni, quali disability e inclusion, siano disinvoltamente utilizzati da chi questo argomento non lo conosce per niente e ne fa solo uno strumento per provare a entrare nel mondo del sociale?

È un interrogativo che noi di O Anche No, l’unico format esistente in Europa sulla disabilità positiva, ci poniamo ogni giorno.

Il nostro Paese gode, d’altra parte, di una straordinaria società civile (che non corrisponde alla qualità, che non c’è, della classe politica, del resto il primo partito è quello dell’astensione).

Le nostre grandi leggi di civiltà, come le definiva Giuliano Vassalli, sono frutto della presa di coscienza del dopoguerra, da parte del Sindacato di allora, del mondo cooperativo, di una illuminata e forte politica di impronta cattolica (per la visione) e socialista (per i diritti) e, in primo luogo, della presa di coscienza delle famiglie.

È grazie a questo combinato-disposto che l’Italia è, ancora oggi, avanguardia e punto di riferimento non solo in Europa ma nel mondo. Ma manca ancora il tassello più importante.

Alla spinta di famiglie e associazioni per vedere riconosciuti quei diritti ancora negati (l’Italia è, come ben sappiamo, a macchie di leopardo) si aggiunge l’assoluta necessità di una legge nazionale sul caregiver.

Il caregiver è il familiare assistente, che può essere un genitore, un figlio, un fratello o una sorella (in questo caso sibling termine inglese che la lingua italiana non possiede) oppure un compagno o una compagna.

Il curacari o caregiver

La squadra di O Anche No preferisce al termine caregiver quello di “curacari”. Esistono tre leggi regionali: Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, con limiti oggettivi e organizzativi, primo fra tutti le insufficienti dotazioni economiche. Una legge di indirizzo nazionale sarebbe essenziale.

Il curacari (la curacari perché nella maggior parte dei casi è donna) ha il 70% di probabilità in più di morire prima del resto della popolazione della stessa età, in particolare se il congiunto è grave o gravissimo e se la disabilità lo ha colpito fin dalla nascita.

Oggi assistiamo persino – e non era mai accaduto – a un incredibile proliferare di familiari assistenti, figli o sibling minorenni! Del resto, il nostro Paese è il più anziano e il più disabile d’Europa e il secondo al mondo dopo il Giappone.

Il familismo, in questo caso, non è “amorale” bensì salvifico. La vita al primo posto, certo, ma deve essere una vita dignitosa e condivisa con serenità con tutta famiglia e sostenuta dalla società intera.

La testimonianza di questa situazione ormai a livello di guardia è data, per quanto ci riguarda, dall’enorme mole di posta che la trasmissione riceve.

Ogni settimana uno o due – a volte anche più – libri scritti da madri o da padri di figli con disabilità.

Sono diari, biografie, appelli, a volte disperati e sempre crudi nel loro rispecchiare una quotidianità di fatica e sofferenza, di difficoltà estrema che riguarda qualunque gesto del vivere quotidiano.

Alcuni sono redatti con attenzione e cura, molti sono letteralmente un buttare addosso montagne di dolore a chi poi li leggerà.

Dare risposte

In questi 50 anni, anni in cui mi sono occupata del tema della disabilità con tutti i suoi risvolti, credo di aver letto migliaia di lettere che ci chiamano in causa (e non soltanto negli ultimi cinque anni, che hanno visto la trasmissione televisiva O Anche No fare da catalizzatore per un numero pazzesco di richieste e di segnalazioni). È necessario, improcrastinabile, dare una risposta a queste richieste per cambiare la realtà.

Come ho già scritto, le leggi di civiltà italiane sono tutte nate dall’impegno delle famiglie. Valga lo stesso per i caregiver. Sono le famiglie italiane, le madri in particolare, che potranno e dovranno cambiare la realtà: con il loro voto, con la loro protesta, con la loro capacità di resistenza.

Prendendosi il loro spazio di rappresentanza, anche politico, recuperando la forte presenza che avevano nell’immediato dopoguerra quando si sono affacciate sul panorama italiano, seguendo l’imperativo di don Oreste Benzi, che ha fatto dell’inserimento, tramite affidi o adozioni, di bambini con disabilità, il perno di una rivoluzione di pace.

“Ribellatevi”

Chiedo al direttore di questa rivista di mettere in evidenza l’immagine di don Oreste e il suo diktat “Ribellatevi”. Ribellarsi agli interessi di piccoli e piccolissimi gruppi (le cooperative di servizi sociali, ad esempio, dove gli operatori sono pagati come gli operai sfruttati in Africa).

Ribellarsi ai potentati locali, ai politici che non capiscono fino a quando non vengono toccati nei loro affetti.

Ribellarsi agli influencer che lucrano sulla carità, ai testimonial che si costruiscono una credibilità sulle “opere buone” (quello che oggi prende il nome di washing, ossia lavarsi la coscienza).

Allo stesso tempo, al posto delle associazioni storiche, ormai non più rappresentative degli interessi delle famiglie, sono nate associazioni “altre” perché è cambiata la percezione della disabilità, ed è cambiata, per esempio, nel mondo delle persone con problemi mentali: ci troviamo con una popolazione affetta da disturbi dello spettro autistico che arriva quasi a settecentomila persone, un numero impressionante rispetto ai cittadini del nostro Paese.

È dai movimenti di base, attraverso anche i nuovi media, che possiamo cambiare la realtà. Tante conquiste e tanti comportamenti virtuosi, oggi patrimonio di tutti (vedi ciò che riguarda la salvaguardia della natura e l’ecologia) ce lo dimostrano.

Dobbiamo crederci e impegnarci perché siamo cattolici e lottare per il diritto alla dignità e alla serenità delle famiglie italiane, già enormemente provate dalla sofferenza, affinché i legami d’amore non diventino ergastoli.

Paola Severini Melograni
Giornalista, saggista e produttrice televisiva

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