Agostino Orefice ha aperto il suo primo convegno diocesano da presidente ringraziando chi l’ha preceduto e chi, dallo scorso marzo, accompagna il suo cammino di guida di Azione Cattolica diocesana.
Quello di presidente non è un titolo onorifico. Richiama grosse responsabilità e impegni. E innanzitutto chiede una forte testimonianza.
«Sono una persona fortunata. Intorno a me riscontro tanto entusiasmo e voglia di essere testimoni di un buon servizio a Cristo. Se le cose andranno bene sarà stato bravo ad ascoltare e rendere tutti partecipi. Se ci sarà qualche mancanza sarà solo perché non ho compreso e agito per mettere in luce i carismi di tutti. Il segno grande di bellezza dell’AC sono tutti gli amici che hanno scelto con il loro sì di essere testimoni concreti di un servizio educativo attivo».
Cosa intende per servizio educativo?
«L’infrastruttura dell’Azione cattolica è basata sui cammini formativi per fasce d’età. All’interno dei cammini ordinari, in particolare degli adolescenti e dei giovani, grande spazio dovrà avere l’educazione al servizio. Il laico di AC può servire la Chiesa e il territorio attraverso il compito educativo, ma anche attraverso l’attenzione liturgica, culturale, sociale, sportiva. È bene che i cammini formativi ordinari siano ricchi di stimoli ed esperienze sul campo per far crescere in tutti il desiderio di servire».
Un giusto equilibrio tra teoria e pratica?
«Focalizzarsi solo nell’utilizzo dei testi e proporre l’attività della guida ci rende dei bravi lettori capaci di stampare il numero giusto di copie per l’incontro».
Quali requisiti dovrebbe avere una figura educativa?
«Sono molteplici e vanno dosati con equilibrio in stretta relazione al contesto parrocchiale. Non è un teologo o un animatore di feste, o un giullare, o un quasi-prete. Non è uno che ha raggiunto un traguardo, non è un professore, non è nemmeno un filantropo».
E allora chi è?
«È una persona che ha preso con gioia, serietà e responsabilità l’impegno a conoscere sempre di più il Signore e lo vive a 360 gradi tra parrocchia, vita personale e vita sociale. Esprime questo desiderio camminando innanzitutto insieme ai suoi coetanei e insieme a tutta l’associazione, insieme al parroco e alla comunità parrocchiale, alla Diocesi. È una persona che sa mettersi al servizio quando chiamato e dove chiamato, nella consapevolezza che il servizio, in particolare il servizio educativo, è un’ulteriore tappa per imparare ad incontrare Dio negli altri. Si può essere educatori/animatori sul campo per pochi anni e poi portare sempre dentro, nella vita, quello stile di prossimità, ascolto, premura, delicatezza. Una cura che non si deve esprimere solo in parrocchia, ma in qualsiasi ambiente di vita».
È importante anche essere generosi, nel senso più ampio del termine.
«Ovvero essere propensi e attenti alle esigenze degli altri, volenterosi nel mettersi in relazione con gli altri senza alzare barriere e muri. Bisogna avere grande voglia di collaborare con tutti. Servono persone che si sforzino di vedere Cristo nell’altro. Chi non ha più questa capacità è meglio che si fermi per sé stesso e per gli altri. Occorre andare oltre le apparenze e i preconcetti, sposando un percorso di prova personale. Ricordiamo sempre che il Signore non chiama al servizio le persone competenti, ma dà le competenze a chi sceglie».
La formazione è un punto cruciale?
«Chiunque si avvicina all’Azione Cattolica, abbia o meno un compito, vuole ricevere una formazione cristiana adeguata. In particolare, buoni gruppi di adulti, di giovani e, in prospettiva, di giovanissimi, sono la prima garanzia per poter scegliere buoni educatori e animatori. Se rinunciamo a formarci noi grandi, se facciamo passare il messaggio che il servizio educativo è un peso e non ha riscontri positivi di gioia nelle nostre vite, non meravigliamoci se i nostri cammini sono spenti o se suscitiamo solo rifiuti in coloro che invitiamo a iniziare un percorso. La storia dell’Ac è legata alla sua scelta profetica di mettere sempre dinanzi a tutto il compito formativo. Una formazione completa e integrale, in cui la fede parla alla vita e viceversa, in cui si completano quattro dimensioni fondamentali: interiorità, fraternità, responsabilità ed ecclesialità».
Impegni gravosi.
«Per individuare e accompagnare le figure educative, o meglio per vivere in pieno la scelta educativa che l’associazione compie, non ci sono decaloghi e ricette. Serve uno stile di fondo: discernimento comunitario sul bene essenziale delle persone che ci sono affidate e tanto, tantissimo buon senso».
Quale può essere il ruolo del centro diocesano?
«Deve essere pienamente disponibile per sostenere realtà al momento senza molti punti di riferimento, per favorire gruppi interparrocchiali, per formare figure che siano da riferimento per le fasce d’età più complicate e scoperte».
In che modo?
«In caso di necessità possono unirsi anche giovani e adulti, o parrocchie vicine. Si può essere più snelli sui tempi, facendo qualche incontro in meno ma con la massima partecipazione e più alta qualità».
Al convegno diocesano dei consigli parrocchiali ha ricordato sua nonna Titina. Cosa le diceva?
«Quando ci sentivamo a telefono e le raccontavo che sarei andato a un incontro di Azione Cattolica, mi ripeteva: “Mi raccomando, fai sempre cose buone per gli altri e non per te!”. È quello che auguro all’Azione Cattolica diocesana: fare sempre cose buone per gli altri, tenendo l’altro al centro».
Le otto stelle
«Emmaus ritorni a esser per l’Azione Cattolica e per tutta la Chiesa il “Paese dell’Anima”». È l’augurio che mons. Giuseppe Giudice ha rivolto ai partecipanti al convegno diocesano di Azione Cattolica diocesana dello scorso 29 settembre all’auditorium “Sant’Alfonso Maria de Liguori” di Pagani.
Il Vescovo ha invitato ad «abitare la città portando con la gioia del servizio e la bellezza del Vangelo» e indicando le «stelle di AC» a cui orientare il cammino associativo: Armida Barelli, Alberto Marvelli, Nennolina, Giuseppe Toniolo, Gianna Beretta Molla, Pina Suriano, Piergiorgio Frassati, Vittorio Bachelet.
Al convegno sono intervenuti anche il delegato regionale AC, Gianfranco Aprea, e il sindaco di Pagani, Lello De Prisco.
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