Dieci giorni di incontri, sorrisi e sguardi, che hanno riscaldato e arricchito il cuore dei 19 missionari che hanno trascorso un Ferragosto diverso al servizio dei bisognosi del Burkina Faso.
Sono partiti dall’Italia il 9 di agosto e sono ritornati il 19. Un gruppo composto da nove cooperanti provenienti dalla parrocchia San Giovanni Battista di Nocera Inferiore, accompagnati da don Andrea Annunziata, tre consacrate dell’Ordo virginum e sette giovani provenienti da Napoli accompagnati da don Modesto Bravaccino e don Antonio Fiorentino.
Hanno vissuto un campo missionario per conoscere la realtà burkinabè, toccare con mano le esigenze di una popolazione tra le più povere al mondo, che oggi fa i conti con una situazione politica di grande instabilità.
Un aspetto che i missionari hanno riscontrato nella presenza di blindati in aeroporto e nelle strade principali, nelle colonne di carri armati incontrate per strada provenienti dal fronte, nelle guardie armate all’esterno dei supermercati.
A due mesi dal rientro, le emozioni sono ancora vivide nella memoria dei componenti del gruppo di Nocera Inferiore: operatori pastorali impegnati nella catechesi, nella liturgia e nella Caritas.
«Quando don Andrea ha presentato il viaggio in Africa ho detto sì immediatamente – ha raccontato Lucia Gambardella –. Certo, mi sono dovuta organizzare con la famiglia. Ma tutti mi hanno incoraggiato a partire, a partecipare. Poi qui in parrocchia abbiamo un amico nigeriano e i suoi racconti mi hanno incuriosito a voler conoscere l’Africa».
Anna Vicidomini è una volontaria della Caritas parrocchiale: «Avevo questo desiderio nel cuore e quest’anno l’ho realizzato. Ho voluto incontrare questa realtà totalmente diversa dalla nostra. Ho trovato persone disponibili, ospitali, accoglienti, aspetti che non sempre si riscontrano più alle nostre parti. Una sorta di dimensione del cortile».
Rosanna Maiorino ha voluto fare come san Tommaso: «Volevo testare personalmente se c’è davvero questa povertà che ci raccontano tv e giornali. C’è ed è mille volte più grave, è una povertà assoluta ma dignitosa. Sono poveri, vivono nelle baracche, ogni cosa è fatica, ma lo fanno con uno spirito costruttivo che noi abbiamo perso. Noi abbiamo tutto, ma siamo insoddisfatti».
Pina Maiorino ha aperto il baule dei ricordi: «Ero curiosa di conoscere questa realtà molto diversa dalla nostra. Ho conosciuto una povertà che va ben oltre quella che possiamo percepire o immaginare noi nelle nostre città. Non hanno nulla, sono fermi nel fango, chiedono l’elemosina, ma sorridono sempre e nella loro sofferenza salutano e insegnano tanto a noi occidentali».
Rosaria Della Mura ha deciso di partire insieme al fidanzato Filippo Bisaccia, entrambi ventisettenni.
«Ho avuto un piccolo inconveniente e mi sono dovuta rivolgere ad un ospedale – ha ricordato Rosaria –. Sono rimasta senza parole per quello che ho visto. Noi se ci rechiamo ai nostri Pronto soccorso ci lamentiamo che bisogna attendere. Lì se sei fortunato e ti puoi curare al massimo ti ritrovi con una flebo appesa ad un manico di scopa. Noi ci lamentiamo del tanto che abbiamo, mentre lì percepisci che si affidano alla volontà e bontà di Dio». Il sogno della giovane era incontrare i bambini e lo ha fatto: «Ho riscontrato grande affetto. Le mamme te li davano in braccio quasi come se fosse un rito propiziatorio, affinché quei piccoli potessero auspicare una vita fortunata come quella di noi italiani».
Il fidanzato, Filippo, era l’autista del gruppo: «Mia madre fa parte del gruppo missionario e mi aveva sempre parlato di questa esperienza. È cresciuto un desiderio, che ho esaudito insieme con Rosaria. Ci siamo fatti coraggio perché non è una vacanza, ma una scelta impegnativa. Lì ero l’autista e ho toccato con mano anche alcune difficoltò pratiche».
Il pulmino che guidava si è impantanato proprio il giorno dell’inaugurazione di un pozzo. Una macchina ha dovuto fare la spola tra il luogo dell’incidente e il villaggio: «Nelle tre ore che abbiamo atteso affinché arrivassero tutti siamo stati accolti da una famiglia musulmana ed abbiamo sperimentato una grande comunione».
Un viaggio missionario, dove la crescita spirituale ha avuto tanto spazio, come ricorda Anna Russolillo: «C’è stato il mandato missionario, l’incontro con le famiglie, la preghiera, l’adorazione. Un cammino spirituale. Abbiamo anche festeggiato la conversione di un uomo, dopo tanti anni e tante preghiere della moglie».
A risaltare la compostezza durante i momenti religiosi. «È stato come andare alle origini dei primi tempi del cristianesimo», ha detto Rosanna. «C’era sempre grande attenzione e partecipazione. Nessuna distrazione, nemmeno tra i bambini», ha aggiunto Lucia.
I 19 sono stati accolti all’Oasi Santa Teresa e da suor Caterina Paladino. La religiosa ha lasciato un grande segno tra i missionari. In proposito, Pina ha detto: «L’ho soprannominata lady di ferro: dolcissima e paziente, con uno spirito giovanile, accogliente verso tutto e tutti, ma ferma e decisa su come portare a termine le cose».
A due mesi di distanza resta ancora sulla pelle la polvere dell’Africa e gli incontri: «Gli sguardi dei bambini sono indimenticabili – ha chiuso Russolillo –. C’erano tre bambini che giocavano da soli in un villaggio, ma esprimevano una gioia fortissima. Noi siamo nati in un posto del mondo dove si vive bene. Siamo molto fortunati».
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