“Non è mai troppo tardi”

Quest’anno ricorre il centenario della nascita del maestro Alberto Manzi. Un’occasione per riflettere sui dati del rapporto Ocse e il numero crescente di analfabeti funzionali in Italia.
Alberto Manzi – foto Wikipedia

“Non è mai troppo tardi”: una didattica a distanza ante litteram. La televisione di Stato, con il programma del maestro Alberto Manzi, entrava nelle case (poche), nei circoli, nei bar. Erano gli anni Sessanta del secolo scorso e, a fronte di un nascente benessere economico, il grado di analfabetismo, soprattutto tra gli adulti, era molto alto: circa sei milioni di cittadini.

Cultore del pensiero di noti pedagogisti come John Dewey e Lev Vygotskij, Manzi, grazie alla raffinata sensibilità di Nazzareno Padellaro, ideatore del programma, indirizzò l’insegnamento della nostra lingua a migliaia di italiani. 

Il successo fu grande, così come inaspettata la voglia di imparare a leggere e a scrivere da parte di un ceto sociale che fece proprio il motto del maestro d’Italia: «Soltanto l’istruzione potrà far sì che tutta l’umanità possa vivere meglio». Fu anche un bell’esempio di servizio pubblico. Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Alberto Manzi. Oggi, secondo l’Istat, l’analfabetismo strutturale (non saper leggere e scrivere) conta in Italia poco più di 350mila persone. Preoccupa, invece, l’analfabetismo funzionale che, secondo la definizione data dall’Unesco nel 1984, descrive «una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità».

In quaranta anni si sono aggiunti anche altri parametri di valutazione come l’utilizzo delle tecnologie digitali di base, la conoscenza degli eventi storici, sociali e politici, il senso critico. Secondo l’Ocse gli analfabeti funzionali in Italia sono il 27,7% della popolazione, più di un quarto. Un dato su cui riflettere.

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