Sprazzi di luce e spazi di luce. Sono quelli di cui avrebbero bisogno le nostre città, asfissiate da una cappa di smog e depressione, di brutto e clientelare, che iniziative sporadiche non possono certo rimuovere.
Da settimane assistiamo alla corsa all’addobbo. Non abbiamo nemmeno riposto ombrelloni e ciabatte, che sono comparsi abeti innevati e luminarie abbaglianti ad ogni angolo. Si è perso il tempo dell’attesa. Si bruciano le tappe con l’alibi di farsi trovare pronti, preparati.
Da qui in avanti sarà un proliferare di selfie e scatti per mostrare alla platea social questo o quel mercatino dove trovare le solite cineserie vendute al pari di porcellane di Limoges. Consuetudini che fanno dimenticare le reali necessità di cui potrebbe aver bisogno una comunità.
Anziché accontentarci delle casette, come comunità potremmo e dovremmo pretendere altro da chi ci rappresenta. A partire da spazi di luce per i più giovani. Sarebbero necessari punti di aggregazione reali e plurali.
Le parrocchie ci provano attraverso gli oratori, ma tanti non si avvicinano nemmeno alla soglia. Sia per riluttanza e resistenza nei confronti del luogo e dell’ambiente, sbagliando; sia perché i nostri gruppi tendono a chiudersi, nonostante nella Chiesa si parli di sinodalità e attenzione alle periferie (non solo geografiche).
Le pubbliche amministrazioni si concentrano a proporre teatrini e rassegne che aggregano sempre i soliti. Le buone intenzioni non mancano, però di buone intenzioni è lastricato l’inferno. I ragazzi dove sono? Cosa si fa per loro?
«State attenti a non lasciarvi ubriacare dalle illusioni: siate concreti, la realtà è concreta. Non accontentatevi di essere stelle per un giorno sui social», ha detto papa Francesco lo scorso 24 novembre in occasione della Giornata mondiale dei giovani.
Ma in quanti, tra le giovani generazioni, avranno ascoltato e preso sul serio le parole del Pontefice? A noi genitori, educatori, formatori, operatori sociali, istituzioni, il compito di attualizzare e concretizzare quelle riflessioni.
Come? Proponendo ai nostri ragazzi percorsi concreti, alternative valide. Affinché non rischino di essere aggrediti da poco più che coetanei per un borsello o pochi spiccioli mentre passeggiano in una villa comunale.
Ci è chiesto di essere testimoni credibili e non bulimici selfisti intenti a girare dirette social, che non ci consentono di vivere e comprendere l’attimo presente. Dobbiamo essere capaci di fare autocritica, guardarci allo specchio, renderci conto che sono necessari spazi di luce – laici e religiosi – affinché diventino sprazzi di luce per le future generazioni.
È l’augurio che, come redazione, sentiamo di fare alla nostra Chiesa diocesana e al nostro territorio. Perché la Luce del Natale brilli realmente negli occhi e nei cuori di tutti noi.
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