Il 2025delle sale cinematografiche inizia con una gran quantità di titoli anche sul piano qualitativo, almeno in potenza. Non è semplice operare delle scelte, ma il macrocriterio che ci ha guidato è stato quello di privilegiare temi forti messi al servizio — e mai il contrario — di uno stile compiuto e interessante da fruire attraverso il grande schermo.
E allora, il 23 gennaio arriva uno dei film più discussi della scorsa stagione festivaliera, premio per la miglior regia all’ultima Mostra del Cinema di Venezia: “The Brutalist” di Brady Corbet.
L’ex attore statunitense, giunto alla terza regia in solitaria dopo gli interessanti (e poco visti) “L’infanzia di un capo” e “Vox Lux”, realizza un mastodontico apologo, una biografia di finzione che racconta la collettività intera di un popolo e di un Paese attraverso le esperienze di un singolo: l’architetto ebreo ungherese Laszlo Toth (un incommensurabile Adrien Brody, al grande ritorno sulle scene). In fuga dall’Europa dopo l’orrore dei campi di concentramento, Toth ripara negli Stati Uniti e presto si mette alla guida di un progetto ambizioso e complesso: un edificio che celebri il mecenatismo di un capitalista rapace (Guy Pearce).
Girata anche nel nostro Paese, con una lunga (e fondamentale) sequenza ambientata in Toscana, l’opera recupera la grandeur dei grandi classici hollywoodiani del passato come “Il gigante” di George Stevens (ultima prova di James Dean), sia nella corposa durata che nell’uso del 70mm, capace di conferire ulteriore magniloquenza alle immagini.
Lo spazio è tiranno, e quindi ci limitiamo a segnalare velocemente un altro film, ancora una volta proveniente da Venezia, che affronta tematiche attuali come la ridefinizione del nucleo familiare e il rapporto con le nuove/vecchie ideologie: “Noi e loro”, una storia tutta al maschile diretta da due sorelle, le francesi Delphine e Muriel Coulin. Vincent Lindon interpreta un padre vedovo in grande difficoltà; il rapporto con i suoi due figli è un dramma. Dal 6 febbraio.
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