L’avventurosa vita del partigiano che salvò Pertini e Saragat, come recita il titolo dell’ultimo lavoro del giornalista e scrittore Massimiliano Amato, sarà al centro dell’incontro promosso dal Liceo “Tito Lucrezio Caro” e previsto per domani mattina alle ore 11.00 presso la sala congressi de “La Filanda” a Sarno.
Pubblicato da Arcadia Edizioni nella collana di studi storici della Fondazione Pietro Nenni, il volume è il risultato di un lungo lavoro di ricerca presso archivi privati e pubblici e racconta la vita di Giuseppe ‘Peppino’ Gracceva, nome di battaglia ‘Maresciallo Rosso’, capo militare delle Brigate Matteotti a Roma e nel Lazio.
A confrontarsi sulla storica figura saranno il prof. Giuseppe Palmisciano, direttore dell’Ufficio Cultura della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno e il prof. Rosario Pesce, dirigente del Liceo “Nicola Sensale” di Nocera Inferiore, introdotti dalla prof.essa Emma Tortora, dirigente del Liceo “Tito Lucrezio Caro” di Sarno e preceduti dai saluti istituzionali del sindaco, Francesco Squillante e della consigliera comunale con delega agli Eventi, Annamaria Della Porta.
Il libro
Giuseppe Gracceva fu uno dei principali protagonisti della lunga opposizione armata alle truppe di occupazione tedesca nella Capitale: in quei drammatici e sanguinosi 271 giorni che andarono dal 10 settembre 1943 al 4 giugno 1944 diede prova di straordinario coraggio, partecipando con un ruolo di primissimo piano ad alcune delle azioni più clamorose messe a segno dalla Resistenza romana contro l’esercito invasore.
Su ordine di Pietro Nenni, fu lui, con Giuliano Vassalli, Alfredo Monaco, Filippo Lupis e Marcella Ficca, a organizzare e a portare a termine la più grande beffa che la Resistenza romana riuscì a fare a Priebke e Kappler: l’evasione, il 25 gennaio del 1944, dal carcere di Regina Coeli dov’erano rinchiusi da tre mesi, di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, due futuri presidenti della Repubblica che erano stati condannati a morte dalle SS.
Catturato a sua volta agli inizi di aprile, Gracceva trascorse più di 50 giorni nella prigione tedesca di via Tasso, dove benché sofferente per i postumi di una grave ferita a un polmone, resistette eroicamente alle torture e alle sevizie a cui venne sottoposto, senza rivelare i nomi dei suoi compagni di lotta.
Nel giugno del 1944, subito dopo la liberazione di Roma, fu tra i fondatori dell’Anpi, di cui fu a lungo dirigente nazionale. Fu membro della Consulta Nazionale dall’aprile del 1945 al giugno del 1946, e ricoprì incarichi politici e di partito, nel Psi. Tra gli inizi degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Settanta visse a Salerno. Morì nel 1978, pochi mesi dopo l’elezione al Quirinale del suo grande amico Sandro Pertini, il quale inviò un picchetto di corazzieri ai suoi funerali.
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