Durante la Novena al Santo Patrono san Biagio, il parroco ha dedicato una serata ai giovani, invitando don Roberto Faccenda, sacerdote e responsabile della pastorale Giovanile dell’Arcidiocesi Salerno- Campagna -Acerno.
La chiesa è strapiena, tanti ragazzi, giovani, sono seduti in attesa del sacerdote, cappellano della squadra giovanile della Salernitana. E all’improvviso un brusio. Sì, è arrivato don Roberto.
Non è facile intravederlo: un ragazzo come tanti, jeans, giubbotto, t-shirt, sneakers, occhiali da sole, capelli spettinati. Scende giù per il corridoio, di tanto in tanto, accenna ad un saluto e poi dritto in sacrestia. Dopo qualche minuto esce con il parroco, che lo presenta all’assemblea.
L’aspetto, a primo impatto, non è proprio quello di un sacerdote. Il suo modo di presentarsi è inusuale, ha orecchini, bracciali, occhiali da sole, parla un dialetto contemporaneo; in un primo momento ci lascia anche un po’ interdetti, ma non ci siamo lasciati abbindolare dalla sua immagine. Pochi minuti e il nostro pensiero si distoglie dall’immagine di don Roberto.
Il nostro interesse è attratto dalle sue parole, ci cattura con frasi divertenti in napoletano, affinché non cali la nostra attenzione, è capace di stare sull’argomento, non permette distrazioni, tutt’altro, arriva a toccare le corde più profonde dell’animo .
Abbiamo conosciuto un uomo che con i giovani ci parla, usa il loro stesso linguaggio, senza fare la morale, ma aiutandoli di comprendere i gemiti del proprio animo.
Il Vangelo che ci ha guidato nella riflessione, è quello del giovane ricco. Questo giovane vuole seguire Gesù ma il suo cuore è ancorato ai tanti beni che affollano la sua vita e il suo cuore e che non vuole sacrificare, anzi diventano un ostacolo, che non fa vivere a pieno l’amicizia, la relazione con Gesù.
Continua così, parlando dello sguardo d’amore di Gesù per il giovane ricco, lo guardò e lo amò. Ma il giovane abbassa lo sguardo, nel suo cuore non c’è posto per Gesù, gira le spalle e se ne va triste.
Continua don Roberto che ciò che conta, ciò che ha senso nella vita, è la relazione, stare a contatto diretto con i ragazzi, in una relazione vera, sentire il profumo dell’altra persona, altro che interporre lo schermo di un cellulare.
Le ansie, le paure dei giovani sono aumentate proprio perché i rapporti, le relazioni si sono annacquate, hanno perso la forza della vitalità, della condivisione. In questo momento come Chiesa dobbiamo tornare a vivere la pienezza delle relazioni, affiancando i giovani, ascoltarli, far sentire loro la nostra presenza silenziosa e non giudicante, ma ricca di una speranza che non delude.
Ne abbiamo discusso con i giovanissimi e i giovani di AC e Martina ha detto che i social, la pubblicità, la stessa società propongono stili di vita che scalfiscono appena la corteccia di quel desiderio di felicità insito nell’anima, non appagano la loro sete di eternità. Ci preoccupiamo di essere visibili, popolari, alienando la vita vera, la realtà, potremo essere anche popolari, ma non credibili.
A Ilenia, invece ha colpito la frase di Cartesio: “Cogito ergo sum”, ” Penso dunque sono” di Cartesio, a cui don Roberto antepone – Cogitor, ergo sum- «sono pensato (da Dio), quindi esisto».
Perché amato da Dio, esisto. È il sentirsi amati che apre una breccia nel cuore, spiana la strada, permettendo di vivere una relazione con d Dio, con i fratelli. Il giovane ricco non sente l’immenso amore di Gesù, fa le spallucce e se ne va.
Tanti giovani scappano, come la pecorella della parabola. “Un racconto che tutti conosciamo” – dice don Roberto -“il pastore esce, cerca e trova la pecorella e se la mette sulle spalle”. Continua don Roberto, che: “ai tempi di Gesù, non era proprio così, trovata la pecorella, il pastore le spezzava una gamba e avrebbe così zoppicato per tutta la vita. Era un modo questo per non permettere più alla pecorella di scappare. Ma il Signore non ci rende claudicanti, il Signore viene a cercarci, si prende cura di noi, non preclude la nostra libertà, il Signore ci ama sempre, anche se ci allontaniamo da Lui, Egli esce e viene a cercarci”.
Don Roberto ci ha affascinati con i racconti vissuti sulla sua pelle, delle sue esperienze con i ragazzi che a prima vista sembrano dei bulli, ma basta un atteggiamento forte come il perdono, e il muro, la schermata si abbassa e si rivelano con tutta la loro fragilità, con il forte desiderio di essere ascoltati, amati. È davvero necessario, urge mettere in campo iniziative di senso che mettano in relazione le persone, e che la bellezza possa trapelare e manifestarsi.
Conclude dicendo…”La gentilezza sembrerebbe una debolezza, ma il mondo ha bisogno di gentilezza, è un’arma, un atteggiamento che scioglie i cuori più duri”.
AC Giovani/Issimi San Biagio
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