Il 10 febbraio scorso si sono chiusi i termini per le iscrizioni a tutti gli ordini di scuole e il sipario è calato su Open Day, “notti bianche” e incontri di orientamento. Les jeux sont faits… Ed ecco arrivare i primi dati.
I riflettori sono puntati in maniera particolare sulle scelte che riguardano la scuola superiore di secondo grado, dove – ormai da qualche anno a questa parte – gli istituti tecnici e il liceo scientifico (con o senza latino, o a indirizzo sportivo) confermano il loro primato raccogliendo rispettivamente il 31,1% e il 25,47% delle preferenze.
Nel nostro Paese, in generale, resta lo zoccolo duro dei percorsi liceali (55,99%): il classico si attesta intorno al 5,37% di iscrizioni, l’artistico al 4.03% e il liceo delle scienze umane all’11,67. L’anno scolastico 2025-26 registra, inoltre, un balzo in avanti per il linguistico che ottiene l’8,01% di gradimento. Tengono gli istituti professionali con adesioni del 12,67% della popolazione studentesca. Non decolla, invece, il liceo del Made in Italy (0.09%).
Secondo Maurizio Parodi, già dirigente scolastico, saggista, ricercatore e formatore in campo educativo, “il liceo resta un classico, ‘classico’ a parte (si perdoni il calembour) che flette in favore dello scientifico, più attraente quest’ultimo per impianto culturale e prospettive accademiche, professionali. Il percorso liceale continua a essere un ‘bene rifugio’ che conferisce status e, nella versione tecnico-scientifica, incarna lo spirito del tempo”. Netto è, infatti, l’orientamento degli studenti verso scuole con prevalenza di discipline STEM (dall’inglese science, technology, engineering and mathematics).
Al di là delle richieste del mercato, le scuole di impronta umanistica sembrano non riuscire a tenere il passo con le trasformazioni che investono la nostra cultura, appaiono imbolsite soprattutto nelle metodologie deputate alla trasmissione dei saperi.
“La cultura umanistica – spiega Parodi – per come è declinata nella didattica in uso in molti licei, assume sembianze tristemente cimiteriali, ‘sbatte i morti in faccia ai vivi’, trattando i più fulgidi ingegni di una gloriosa tradizione come reperti mummificati: il “classico” è tale non perché rimanda al passato, ma perché sopravvive alla moda, all’effimero, infine al presente, che è in grado di interrogare”.
L’anno scolastico 2025-26 avvia, infine, con il decreto 256 del 16 dicembre u.s., i percorsi sperimentali della filiera formativa tecnologico-professionale (4+2), che propongono un modello educativo quadriennale (più una estensione biennale di formazione superiore) con didattiche laboratoriali e metodologie innovative, potenziamento delle discipline STEM; introduzione di moduli CLIL per l’apprendimento integrato in lingua straniera; rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro (PCTO) e contratti di apprendistato.
Alla base l’idea di creare una rete tra istituti tecnici e professionali, percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), istituti tecnologici superiori (ITS Academy) e percorsi di istruzione tecnica superiore (IFTS).
Le iscrizioni al 4+2 appaiono in crescita (5.549 studenti), ma all’orizzonte ci sono diverse incertezze che riguardano il reclutamento dei docenti, l’organizzazione concreta di questi moduli, nonché la reale efficacia di tale progettualità.
Al di là dei tentativi di innovazione e dei dati statistici, le istituzioni scolastiche non sembrano comunque godere di buona salute. Nel suo saggio “La scuola è sfinita” (La Meridiana, 2022), Maurizio Parodi scrive che “la scuola italiana non funziona più nemmeno come ascensore sociale”. E aggiunge: “Troppo spesso fa male soprattutto a chi dell’istruzione e della formazione avrebbe maggior bisogno e che, invece, troppo spesso viene “respinto”: i dati sulla dispersione scolastica e sull’analfabetismo funzionale, indegni di un paese civile, parlano chiaro”.
In Italia – secondo i rilevamenti Istat 2023 – sono circa 1,7 milioni di giovani (quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni), che non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione (i cosiddetti Neet). Un numero preoccupante che interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri (28,8%).
Silvia Rossetti
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